Cosa c’è dietro la voce grossa di Trump
Le sanzioni e la minaccia di un disimpegno Nato nascondono una debolezza americana.
Il nuovo numero del periodico Briefing spiega perché.
Gli Stati Uniti negli ultimi trent’anni hanno compiuto una serie di passi falsi che ne hanno compromesso in certa misura la leadership mondiale: dalle due guerre estremamente costose in Iraq all’intervento in Afghanistan conclusasi con un imbarazzante ritiro. Ciò ha minato la credibilità degli Stati Uniti e le prospettive americane di coinvolgimento in future avventure militari, anche a causa della raffreddata volontà del popolo americano riguardo altre avventure oltremare.
A questo si aggiunge il fatto che diversi studi hanno messo in luce come gli Usa non sarebbero in grado di affrontare più conflitti simmetrici dell’intensità di quello in corso in Ucraina. Questa “debolezza” oltre a comportare il rischio di indurre potenze avversarie ad approfittare delle reali o percepite vulnerabilità degli Stati Uniti, suggerisce l’adozione di un nuovo schema per potersi proteggere da crisi simultanee senza raddoppiare il bilancio della difesa: dimensionare le proprie forze armate per vincere una guerra contro una grande potenza, strutturando la propria base industriale in modo da fornire i mezzi per vincere una seconda guerra combattuta per procura.
Tuttavia il peso specifico degli avversari, percepiti o reali, è cambiato. La Cina negli ultimi vent’anni ha dato grande impulso al proprio riarmo superando di recente gli americani nella produzione navale e la Russia dopo essere uscita dal declino degli anni Novanta ha intrapreso una razionalizzazione e modernizzazione delle proprie forze armate, sebbene con risultati parziali e incompleti come i magri risultati della guerra in Ucraina dimostrano.
Inoltre la cooperazione dei Paesi più o meno rivali dell’America sta aumentando, non solo dal punto di vista economico, vedi i Brics, ma anche dal punto di vista militare. E questo mentre la politica americana nei confronti degli alleati della Nato sul tema sicurezza risulta assai vaga e poco rassicurante, mettendo addirittura in discussione i propri impegni, cosa che sta alienando anche chi sulla sicurezza americana aveva puntato tutto; come la Polonia.
In questo quadro risulta più comprensibile l’atteggiamento di Donald Trump che sembra non più disposto ad elargire “gratis” sicurezza – non solo agli europei ma anche agli altri alleati, come quelli dell’indopacifico – e per questo sembra esigere che questi stessi alleati si facciano carico del fardello, alleviando almeno in parte l’impegno americano.
Sempre in una prospettiva di crescente debolezza americana, anche sul piano interno, si spiega pure la “voce grossa” di Trump riguardo le sanzioni. Una sorta di guerra ibrida dichiarata anche ai partner europei per costringerli a cedere su un punto fondamentale per l’economia americana e per la tenuta del suo tessuto sociale: permettere ai fondi di investimento Usa di penetrare nel Vecchio Continente, e nelle economie di altri Paesi, per ridare ossigeno a Wall Street, le cui operazioni finanziarie tengono in piedi l’intero castello economico americano, sul quale gravano oltre 36 mila miliardi di dollari di debito.
Questa ipotesi è stata esaminata nell’ultimo numero della rivista di geopolitica e questioni militari Briefing, che è possibile trovare sul sito in versione elettronica sfogliabile o su Amazon in versione cartacea e kindle.