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Reportage Africa Express: Sudan, inferno in terra

Guerra senza sosta da Khartoum al Darfour

Per gentile concessione di Africa-ExPress.info, ripubblichiamo il loro articolo originale

Centinaia di civili sudanesi uccisi e decine di migliaia di sfollati in fuga. Via Libia, gli Emirati Arabi Uniti riforniscono i ribelli di armi pesanti made in Bulgaria

Da dieci giorni il Sudan è entrato nel terzo anno di guerra. Ora i riflettori dei maggiori media si sono nuovamente spenti sull’ex protettorato anglo-egiziano, eppure in questo travagliato Paese si continua a morire. E non solo sotto le bombe, anche di stenti, fame e sete.

Sudan: Sfollati in fuga senza cibo

I contrasti tra le due fazioni, le Rapid Support Forces (RFS), capeggiate da Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, da un lato e le Forze armate sudanesi (SAF) capitanate da Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, capo del Consiglio sovrano e de facto presidente del Sudan, non tendono a placarsi. Dall’inizio del conflitto oltre 12,4 milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie case, tra questi 3,4 sono fuggiti nei Paesi limitrofi.

Khartoum sotto tiro

Alla fine di marzo i governativi si sono nuovamente impossessati di Khartoum, tuttavia da ieri la capitale è nuovamente sotto tiro delle RFS. Fonti militari hanno confermato che i paramilitari hanno bombardato il quartier generale delle forze sudanesi con artiglieria pesante. Gli ordigni sono stati sparati da Salha, periferia a sud-ovest di Omdurman, città gemella della capitale, sull’altra sponda del Nilo. Lì i ribelli sono riusciti a mantenere una postazione di armi pesanti.

Zamzam distrutto

Ma la guerra continua anche altrove, specie in Darfur. Vicino Al-Fashir, al capoluogo del Darfur settentrionale, centinaia di civili, tra loro anche 12 operatori umanitari, sono stati ammazzati durante spietati bombardamenti sul campo per sfollati di Zamzam.

Senza pietà, senza rispetto per la vita umana, è stato colpito persino l’ospedale del sito. I racconti dei sopravvissuti sono drammatici: “Siamo fuggiti solo con quello che avevamo addosso e i nostri bambini, il bene più prezioso”.

Zamzam, che prima degli ultimi attacchi ospitava quasi 400.000 sfollati, ora è praticamente vuoto. Secondo le Nazioni Unite, oltre 330.000 persone sono scappate dopo la distruzione di gran parte delle infrastrutture e del blocco dei camion cisterna dell’acqua.

Morti per fame e sete

Noah Taylor, responsabile delle operazioni in Sudan del Consiglio Norvegese per i Rifugiati, ha raccontato ai reporter della BBC che molti sfollati sono rimasti senza cibo durante la fuga. C’è chi ha masticato foglie per ingannare il senso di fame. Ma una volta arrivati a Tawila (città nel Darfur settentrionale che dista una sessantina di chilometri dal campo di Zamzam) parecchi sono morti di stenti. Altri, invece, sono crollati strada facendo, completamente disidratati a causa delle alte temperature e la mancanza di acqua.

Taylor ha poi aggiunto: “Ci hanno riferito che lungo la strada tra Al-Fashir e Tawila ci sono ancora parecchi cadaveri”.

Violenze sessuali e reclutamenti forzati

Secondo alcune agenzie umanitarie, violenze sessuali e reclutamenti forzati sono in forte aumento, in particolare da parte dei paramilitari guidati da Hemetti.

Alla fine di novembre, come già riportato da Africa-ExPress, in mezzo al deserto tra Libia e Sudan, una quarantina di mercenari colombiani sono caduti in un’imboscata, tesa da combattenti alleati dell’esercito sudanese (SAF). I colombiani facevano parte di un convoglio che trasportava anche armi. Il dispiegamento dei sudamericani è stato possibile grazie all’aiuto delle autorità di Abu Dhabi e del generale libico ribelle Khalifa Haftar e del suo clan da sempre vicini alle RFS, i paramilitari sudanesi.

Ordigni made in Bulgaria 

Il coinvolgimento delle autorità di Abu Dhabi, che l’hanno sempre negato, è stato scoperto per puro caso dai giornalisti dell’emittente France 24 che sono riusciti a identificare gli ordigni bellici trasportati sui camion provenienti dalla Libia.

Ordigni bulgari ritrovati nel deserto tra Libia e Darfur, Sudan – Photocredit France24

I reporter hanno rivelato che si tratta di proiettili da mortaio, destinati ai paramilitari di Hemetti, prodotti dall’azienda bulgara Dunarit, poi venduti agli Emirati Arabi Uniti. La vendita del materiale bellico è stata autorizzata dalla Commissione interministeriale per il controllo delle esportazioni di armi di Sofia, visto che il destinatario, cioè gli EAU, non è sotto sanzioni da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Coinvolgimento EAU e Libia

La società emiratina, un’azienda pubblicaInternational Golden Group, ben nota per le sue implicazioni in dirottamento di armi verso Paesi sottoposti a embargo, è stata menzionata nei documenti della Dunarit come “importatrice” verso l’EAU. Nel 2016, 2022 e 2023, il suo nome è stato associato alle violazioni dell’embargo delle Nazioni Unite sulle armi alla Libia.

Proiettili da mortaio made in Bulgaria, Stato membro dell’Unione Europea, sono stati utilizzati per colpire edifici pubblici, mercati, ospedali, uccidendo migliaia di civili sudanesi.

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