Il vecchio classismo รจ morto
ma cโรจ qualcuno che vuole resuscitarlo
Si torna a parlare di classi e di classismo, almeno ci si prova da un punto di vista manifestatamente ideologico (come fa โPubblicoโ, la newsletter della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli , n. 34/2025) immaginando impossibili revival, dopo che, a partire dagli Anni Novanta, ad emergere era stata lโidea di unโunica, vasta, โclasse mediaโ, costruita sullโonda della societร โterziarizzataโ (con lโampliamento delle professioni tecniche, impiegatizie e dei servizi, a scapito di quelle manuali ed operative). Allโordine del giorno, trentโanni fa, una โvisioneโ piรน fluida e dinamica dei contesti sociali, molto lontana dalle categorie di taglio ottocentesco e segnata dal venire meno delย movimento operaio, visto quale โstrumentoโ rivoluzionario.
Ed oggi? Tutto nuovamente da ripensare in chiave classista e conflittuale? Il quadro รจ oggettivamente complesso, immersi come siamo in una fase segnata da ulteriori trasformazioni, tecnologiche e sociali. Lโemergere di disuguaglianze e disparitร crescenti โ comโรจ avvenuto nellโultimo decennio โ rende concreta una nuova conflittualitร classista? E lโidea โ fissata nel Manifesto del Partito Comunista del 1848 โ che โla storia di ogni societร sinora esistita รจ storia di lotta di classiโ ha ancora concrete possibilitร di dispiegarsi?
Partiamo dalla realtร .
Sono lontane โanni luceโ, ben oltre il tempo effettivamente trascorso, le immagini proposte da Friedrich Engels sulla condizione operaia in Inghilterra, colta nella sua emblematicitร ed universalitร : โLa miseria โ scriveva, nel 1845, Engels (La situazione della classe operaia in Inghilterra) โ lascia allโoperaio soltanto la scelta se morire lentamente dโinedia, uccidersi subito o prendersi ciรฒ di cui ha bisogno lร dove lo trova, in una parola rubareโ.
Oggi non รจ piรน vero che โ come dichiarava il Manifesto โ โi proletari non hanno da difendere nulla di proprioโ, nรฉ che lo sviluppo socioeconomico ha portato alla dequalificazione sociale, alla creazione per i lavoratori di una โclasse unicaโ, ad un operaismo diffuso ed omogeneo.
Lโemergere di nuovi soggetti sociali, di nuove professioni e competenze, ha favorito, al contrario, una diversificazione dei ceti lavorativi, una loro โsproletarizzazioneโ, mentale ed operativa, ed una richiesta di corresponsabilizzazione nelle scelte e nelle gestioni aziendali. Ciรฒ รจ accaduto, in modo significativo, dentro e fuori la fabbrica, dentro e fuori il mondo operaio, attraverso un complesso processo di mutazione, politico-sindacale, funzionale, antropologico-culturale.
A confermarcelo sono anche i numeri.
In piena fase industriale, la classe operaia costituiva ilย 52,3%ย della popolazione attiva, le classi medie rappresentavano il 45,4%, trainate da una crescente piccola borghesia impiegatizia, mentre lโoccupazione agricola era in forte ritirata.ย Durante gli Anni Novanta del โ900, con il passaggio allโeconomia post-industriale, la classe operaia รจ scesa alย 35,8%, mentre le classi medie sono salite alย 54,3%.Nei primi anni 2000, il trend si รจ consolidato: la classe media รจ arrivata alย 62,3%, mentre la classe operaia si รจ ridotta al 26,1%, accompagnata da unโespansione dellโimpiego nei servizi pubblici ed un calo dellโindustria e del commercio.ย
Cosรฌ come evidenziato dallโIstat la storica dicotomia classista ha ormai lasciato il campo ad una nuova trasversalitร sociale, fissata in nove categorie: famiglie a basso reddito con stranieri, famiglie tradizionali della provincia, famiglie di operai in pensione, famiglie di impiegati, i giovani blue collar, il gruppo delle persone anziane sole e dei giovani disoccupati, il gruppo delle โpensioni dโargentoโ e infine la classe dirigente.
La classe operaia (urbana e agricola) ha perso il suo connotato univoco, ritrovandosi, coerentemente con la posizione lavorativa che ha determinato il nuovo gruppo, per quasi la metร dei casi nel gruppo dei giovani blue-collar e per la restante quota nei due gruppi di famiglie a basso reddito (di soli italiani o con stranieri). Questi tre gruppi effettivamente si distinguono per la posizione lavorativa della persona di riferimento, ma si differenziano profondamente per capacitร reddituale: i giovani blue-collar, infatti, pur non rientrando tra le fasce di popolazione con maggiore benessere economico, hanno una situazione reddituale equivalente alla media nazionale; le famiglie rientranti nei due gruppi a basso reddito, invece, hanno un benessere economico, cosรฌ come desumibile dal loro reddito, peggiore di tutte le altre famiglie, in particolare le famiglie con stranieri. Ciรฒ a conferma di come lโappartenenza a una classe sociale non sia sempre sufficiente a determinare capacitร , disponibilitร e investimento omogenei allโinterno della classe sociale stessa.
A cambiare sono stati, nel contempo, i โluoghi del lavoroโ e la percezione stessa del lavoro, oggi sempre piรน slegata da un luogo fisico specifico, con lโemergere di forme di isolamento del lavoratore, determinate dallo smart working e dal venire meno di sistemi lavorativi โrelazionariโ, in nome dellโautonomia e dellโ agilitร , della produttivitร .
La โsocietร comodaโ, ma senza relazioni, non รจ destinata ad imporsi โ sia chiaro – come modello assoluto. Essa fa piuttosto emergere la domanda di un giusto equilibrio tra lavoro a distanza e lavoro in presenza rispetto al quale sembra che si stia assestando la nuova geografia del lavoro. Anche qui la partita si gioca sullโuso โsostenibileโ della tecnologia, sullโumanesimo del lavoro e sulle ragioni della socialitร , tutti fattori non ascrivibili ad una (datata) โvisione di classeโ.
Mettiamo insieme contrazione delle vecchie forme di lavoro operaio, fluiditร sociale, smaterializzazione tecnologica del lavoro, mutare dei luoghi del lavoro ed avremmo i nuovi scenari di un confronto sociale slegato dai vecchi canoni classisti, rispetto a cui confrontarsi.
Questi sono e saranno i contesti sociali entro cui muoversi. Presa coscienza delle inadeguatezze delle interpretazioni/aspettative di classe, proprie dellโOttocento, finalmente abbandonato lo spirito di negazione della realtร concreta, che fu del Novecento, il tema, oggi, รจ ritrovare il senso di valori profondi in grado di orientare lโagire dellโuomo e delle comunitร , riportando al centro dellโimmaginario collettivo e della riflessione culturale visioni e modelli che il marxismo aveva dato per morti o in via dโ estinzione: la famiglia, i corpi intermedi, le comunitร , lโintegrazione sociale, lโeconomia reale. Su questi crinali si gioca il futuro. Con buona pace per chi immagina ancora e nuovamente improbabili conflittualitร โdi classeโ.