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Libia: la cacciata del Team Europe

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Le ragioni dell’instabilità politica

La Libia si presenta oggi come un Paese diviso, tanto sul piano istituzionale quanto su quello militare. La frammentazione politica, ormai radicata da anni, affonda le sue radici nel conflitto interno esploso dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011. In seguito alla fine della dittatura, si è aperta una lunga stagione di instabilità culminata in una guerra civile tra le forze del generale Haftar, che hanno assunto il controllo dell’est del Paese, ed una serie di milizie attive nella regione occidentale.

La suddivisione della Libia.
La suddivisione della Libia.

Il conflitto si è formalmente concluso nel 2020 con un cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite, che ha riconosciuto la divisione del territorio e tentato di avviare un percorso di riconciliazione nazionale. Tuttavia, il fragile equilibrio raggiunto non ha portato ad una reale unificazione: sebbene le ostilità siano in gran parte cessate, il processo politico auspicato dalla comunità internazionale è rimasto lettera morta.

La Libia occidentale

Attualmente, l’area occidentale della Libia, con capitale Tripoli, ospita il governo di Abdul Hamid Dbeibah, riconosciuto ufficialmente dall’ONU: nominato nel 2021 con l’obiettivo di guidare una fase di transizione ed organizzare consultazioni democratiche entro l’anno, Dbeibah ha successivamente mantenuto il potere, rifiutando di farsi da parte nonostante il mancato svolgimento delle elezioni.

Il suo esecutivo si regge su una fragile alleanza con una galassia di milizie armate, spesso in lotta tra loro, che esercitano un’influenza significativa sui territori. Nella stessa area operano anche il Consiglio presidenziale – organo collegiale con funzioni di Capo dello Stato – e la Banca centrale, quest’ultima cruciale per la gestione delle entrate derivanti dalle esportazioni petrolifere, una delle principali fonti di sostentamento economico del Paese.

La Libia orientale

Nella parte orientale del paese, sotto il controllo del generale Khalifa Haftar, ha sede la Camera dei Rappresentanti, unico organo legislativo del paese, situato nella città portuale di Tobruk. Questo parlamento è composto da deputati eletti nel 2014, le ultime elezioni legislative tenutesi nel paese, e sebbene il loro mandato sia tecnicamente scaduto da tempo, sono tuttora in carica. La Camera ha designato un proprio capo del governo, Osama Hammad, in aperta competizione con l’esecutivo guidato da Abdul Hamid Dbeibah a Tripoli; tuttavia, il ruolo di Hammad appare marginale nella regione orientale.

Proprio l’est del Paese ospita la maggior parte dei giacimenti petroliferi, che rappresentano la principale fonte di reddito nazionale.

La frammentazione

La divisione delle istituzioni tra l’est e l’ovest del paese, insieme alla frammentazione del potere militare e degli interessi economici, ha condotto dopo il 2020 ad una sorta di intesa non scritta tra i due poli di potere, incarnati dalle famiglie di Haftar e Dbeibah. Secondo questo accordo, i proventi derivanti dall’estrazione petrolifera – prevalentemente concentrata nella Cirenaica – sarebbero stati gestiti dalla Banca Centrale Libica. Pur avendo sede a Tripoli, l’istituzione si sarebbe impegnata a mantenere una posizione imparziale ed a distribuire equamente le risorse.

Abdul Hamid Dbeibah (a sinistra) ed il generale Khalifa Haftar (a destra).
Abdul Hamid Dbeibah (a sinistra) ed il generale Khalifa Haftar (a destra).

Nonostante le tensioni ricorrenti, questo equilibrio precario ha retto fino ad oggi. Le maggiori criticità si registrano nella Libia occidentale, dove il premier Dbeibah può contare solo sull’alleanza instabile con diverse milizie armate per mantenere l’ordine ed il controllo del territorio. Haftar, al contrario, dispone di un esercito personale e ha consolidato il potere in modo più centralizzato.

Nel corso del 2023, Dbeibah ha tentato una mossa rischiosa rimuovendo il governatore della Banca Centrale, un gesto che minacciava di compromettere l’intero equilibrio fondato sulla spartizione delle entrate petrolifere; la situazione si è poi rapidamente ricomposta. Nel maggio scorso, si è verificata una nuova fase di crisi, innescata da scontri tra fazioni armate rivali a Tripoli: il governo ha rischiato il collasso, ma alla fine l’ordine è stato ristabilito, seppur temporaneamente. L’instabilità, tuttavia, resta elevata.

Questo scenario frammentato rappresenta da tempo un rompicapo per la comunità internazionale. Sebbene il governo di Dbeibah, con sede nella capitale, sia l’unico riconosciuto ufficialmente, molti attori stranieri sono consapevoli che una parte rilevante del potere economico e politico è saldamente nelle mani di Haftar.

La missione europea

Martedì 8 luglio una missione ufficiale dell’Unione Europea è stata improvvisamente interrotta all’aeroporto internazionale di Benina, a Bengasi, dove una delegazione di alto livello era giunta nell’ambito dell’iniziativa “Team Europe”, dedicata alla gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo. Il gruppo, guidato dal commissario europeo per gli Affari interni e le Migrazioni, Magnus Brunner, includeva i ministri dell’Interno di Italia, Malta e Grecia – rispettivamente Matteo Piantedosi, Byron Camilleri e Thanos Plevris – ed è stato fermato dalle autorità dell’Est libico, che hanno emesso una dichiarazione formale di inammissibilità sul territorio, definendo i componenti della delegazione come “persone non gradite”.

Il commissario europeo per gli Affari interni e le Migrazioni, Magnus Brunner.
Il commissario europeo per gli Affari interni e le Migrazioni, Magnus Brunner.

L’obiettivo della missione era intensificare la cooperazione sul controllo delle frontiere e contrastare le reti di traffico di esseri umani, in particolare in risposta all’aumento delle partenze verso l’Europa, con un’attenzione crescente sulla rotta verso l’isola di Creta. Ma l’iniziativa ha finito per acuire le tensioni con le autorità della Cirenaica, storicamente sospettose nei confronti delle ingerenze europee nei dossier migratori e di sicurezza. Secondo alcune fonti locali, a generare malcontento sarebbe stata proprio la cornice “Team Europe”, ritenuta troppo orientata ad interessi occidentali; in particolare, la presenza del ministro greco Thanos Plevris avrebbe irritato i vertici di Bengasi, alla luce delle complesse dinamiche geopolitiche del Mediterraneo orientale.

Le rappresentanze diplomatiche

Secondo quanto comunicato dal governo parallelo della Cirenaica, controllato militarmente dalle forze del generale Khalifa Haftar, la visita non sarebbe stata autorizzata secondo le recenti disposizioni relative alla presenza diplomatica straniera. Un documento diffuso ufficialmente denuncia la missione come una violazione delle consuetudini diplomatiche internazionali e delle leggi libiche, accusando i rappresentanti europei di aver compromesso la sovranità nazionale. La delegazione aveva previsto una serie di incontri con personalità locali, tra cui i rappresentanti del Fondo per la Ricostruzione e lo Sviluppo della Libia, presieduto da Belgassem Haftar, figlio del generale Haftar e figura centrale nell’apparato economico e politico dell’Est del Paese.

Lo scenario internazionale

A complicare ulteriormente il quadro si inserisce il ruolo della Russia, alleato strategico del generale Haftar da anni: intervenendo recentemente ad un evento pubblico, il ministro italiano dell’Interno Piantedosi ha messo in guardia rispetto alla crescente influenza di Mosca in Libia, parlando di una “minaccia ibrida” sempre più concreta. Secondo il ministro, vi sarebbe stato un progressivo trasferimento di interesse russo dalla Siria alla Libia, soprattutto sul piano militare. Sebbene al momento non vi siano segnali di un’aggressione diretta, la presenza russa in un’area considerata di importanza strategica per l’Europa viene considerata motivo di particolare attenzione.

Imponenti trasferimenti di mezzi militari russi in Libia.
Imponenti trasferimenti di mezzi militari russi in Libia.

L’uso dell’espressione “persona non gradita” da parte delle autorità libiche assume quindi un significato non solo diplomatico ma anche politico, simbolico e potenzialmente strategico. Alcuni osservatori, tuttavia, non escludono che l’incidente possa essere attribuito ad una carenza di coordinamento piuttosto che ad un vero atto di ostilità deliberata da parte dell’entourage di Haftar, considerando che le visite ufficiali a Bengasi richiedono generalmente un’autorizzazione formale.

Il rifiuto, secondo fonti diplomatiche, sarebbe stato motivato dalla scelta della delegazione di non incontrare esponenti del governo locale sostenuto dal generale Khalifa Haftar: un incontro di questo tipo sarebbe stato interpretato come una forma implicita di legittimazione dell’esecutivo parallelo guidato da Haftar, non riconosciuto dalla comunità internazionale.


Riferimenti bibliografici:

  • Dott.ssa in Scienze Internazionali Diplomatiche, Master in “Religioni e Mediazione culturale” e Master in “Antiterrorismo Internazionale”.
    Esperienze formative maturate presso Radio Vaticana e la Camera dei Deputati.
    Dal 2021 al 2023 membro del Comitato di Direzione della Rivista "Coscienza e Libertà", organo di stampa dell’Associazione Internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR).
    Fondatore del blog "Caput Mundi", supervisore sezione "Geopolitica" Nord Africa e Medio Oriente, cura le pubbliche relazioni del sito ed i contatti con l'esterno.
    Redattrice per “Il Talebano” e collaboratrice editoriale presso radio RVS, network hopemedia.it.

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