EpicaLetteraturaScienze Sociali e UmanisticheSociologia

Sandokan e Omero

4.6/5 - (485 votes)

L’unica circostanza in cui l’eroe dei romanzi indo-malesi di Emilio Salgàri viene accostato ad Omero è proprio interna a uno di essi: nella Tigre della Malesia, precisamente al capitolo VIII (La guarigione), si legge che la bellissima Lady Marianna, la Perla di Labuan,

…prestava pur essa orecchio a quei fantastici racconti, ammirando sempre più quel preteso Malese che ai suoi occhi prendeva la figura di un eroe degno degli eroi d’Omero, racconti che però il pirata dinanzi alla giovanetta andava modificando a poco a poco fino a scendere a parlare di futili o di belle cose, che non si avrebbe mai creduto che uscissero dalle labbra della terribile Tigre della Malesia.

Dopo aver assistito alla prima puntata della serie televisiva “Sandokan” per la regia di Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo, provo a valutare se e quanto di quel paragone sia rimasto vivo nel film in programma su Rai 1.

Cosa s’intende per “eroi d’Omero” e quali sono le loro caratteristiche?

Infuriava Diomede per la pianura, simile a un fiume in piena,
ingrossato da piogge, che veloce scorrendo travolge i ponti;
non lo fermano gli argini innalzati,
né i muri dei lussureggianti frutteti,
se arriva improvviso, quando scroscia la pioggia di Zeus;
molte opere di giovani forti crollano sotto di esso.
Così erano travolte dal Tidìde le fitte schiere dei Troiani…

Iliade V, 87-94

L’arena che li presenta in campo è quella dei 24 canti dell’Iliade, il poema guerriero che racconta lo scontro tra Greci e Troiani negli ultimi 51 giorni di conflitto, a partire dall’ira di Achille sino alla morte e ai funerali di Ettore. Gli eroi appartengono sia all’una che all’altra parte, non hanno un’unica patria: non c’è nazionalismo in Omero. 

Eroe è chi combatte con estremo coraggio, sfidando qualunque pericolo senza timore della morte, non solo per amore della patria, quanto soprattutto perché aderisce a un orizzonte culturale condiviso con tutti i suoi pari, cioè i maschi combattenti. Il sentimento che lo spinge è quello di difendere il proprio onore (timè) e quello della nobile famiglia d’origine:

Essere sempre il primo, fra tutti gli altri il più forte, onorare la stirpe dei padri.

Iliade VI 208

Avere il valore (aretè) non serve a nulla se non lo si dimostra con i fatti, sotto gli occhi dei compagni, dei nemici e delle donne. La concezione dell’aretè che ha l’eroe omerico è profondamente aristocratica, ma nel contempo pubblica e teatrale, nel senso che l’aretè per esistere ha bisogno di una platea di spettatori che la osservino e la sanciscano. Solo così potrà trasformarsi in gloria (kydos), onore (timè) e soprattutto fama (kleos), che si trasmette di generazione in generazione attraverso la parola cantata dagli aedi nei loro componimenti epici.

C’è anche, potentissima, una forza che trattiene gli eroi da qualunque esitazione, da ogni tentazione di aggirare i pericoli: è la vergogna (aidòs), il timore di essere giudicati vili e paurosi dai compagni, dai concittadini, soprattutto dalle donne. Non per niente Eric Dodds nel suo fondamentale saggio I Greci e l’irrazionale (1951) ha definito shame culture (“cultura della vergogna”) quella che caratterizza il mondo degli eroi omerici, che non provano rimorsi dovuti alla coscienza individuale, ma sono indirizzati nelle loro azioni dal timore dell’infamia, ovvero della perdita del kleos, nel giudizio della comunità. Solo in seguito, nell’Atene classica, la shame culture viene sostituita dalla guilt culture, in cui il senso della colpa è dovuto alla consapevolezza personale di aver infranto fondamentali leggi morali o religiose.

Epos vuol dire “narrazione”, in cui le gesta gloriose degli eroi sono sottoposte a un processo di magnificazione che le esalta iperbolicamente inserendole in un quadro di tragica vivezza espressiva: cielo, mare, fiumi e terra s’intrecciano in uno sconvolgimento cosmico, gli dèi stessi scendono in campo a combattere lotte in cui vengono persino feriti da eroi che proprio per questo giganteggiano più che mai. L’aedo fissa plasticamente nei suoi versi scene di corpi più che umani impegnati in combattimenti all’ultimo sangue alla ricerca di quella fama che ne cristallizzi per sempre, attraverso la voce del poeta, la forza giovanile tesa al massimo delle sue potenzialità.

Ettore prese di mira Automedonte con la lancia lucente
ma quello vedendola prima schivò l’asta di bronzo;
si chinò davanti, e la lunga lancia alle sue spalle
si piantò nel suolo: vibrò in alto il puntale.
Qui poi Ares possente ne spense la forza.
A questo punto si gettarono in un corpo a corpo con le spade.

Iliade XVII, 525-530

Inoltre la rappresentazione dei combattimenti eroici viene nobilitata attraverso un’arte poetica di altissima fattura, che usa versi ritmici e musicali (l’esametro), parole ricercate ed estremamente espressive, una ricca aggettivazione, ampie similitudini fortemente immaginative.

La trasmissione dell’epica omerica avvenne inizialmente (secoli IX-VII) soltanto per via orale: il primo editore (per così dire) dei poemi omerici fu Pisìstrato di Atene verso il 550 a.C.; e solo molto più avanti, nel III secolo a.C., i grammatici alessandrini diedero la veste definitiva, in termini di testo e di numero di libri, all’Iliade e all’Odissea. Così anche si spiega l’eccezionale potenza visiva, sonora, emotiva che ribolle nei versi dell’Iliade, che celebra non tanto la vittoria greca sulla città asiatica, quanto un modello di uomo e di guerriero forte, intrepido, dalle passioni gigantesche.

Bassorilievo raffigurante Ulisse.
Bassorilievo raffigurante Ulisse.

Tuttavia esse con la loro brutalità non potrebbero bastare da sole a sostenere il capolavoro della letteratura greca, che viene innervata dalla presenza femminile, sia umana che divina. La donna con le sue parole, con la sua grazia e seduzione, con il suo amore sottomesso ma anche con le sue astuzie, riesce a conferire una patina di umanità agli eroi combattenti, che altrimenti sarebbero solo cieche macchine da guerra. Del resto, lo scontro ha avuto origine dalla fuga d’amore di Elena con Paride, che l’ha sottratta al legittimo sposo Menelao. E nell’Iliade le pagine più commoventi sono quelle in cui Andromaca, che ha con sé il bimbo Astianatte, cuore ingenuo, piccino, l’amato figlio di Ettore, simile a bella stella,supplica invano il marito di non scendere più in campo, di restare sulla torre, per non fare orfano il figlio, vedova la sposa.

La tragedia della guerra, dei disumani obblighi militari, del dolore infinito che essa porta con sé, sta concentrata in questo mirabile passo del libro sesto.

Il genere epico è quanto di più lontano ci possa essere dai nostri tempi fluidi, in cui stanno nel mirino precisamente il maschio, la virilità, il patriarcato, l’autorità. L’ultima volta che un fatto storico e i suoi protagonisti hanno ispirato un’epica (di natura squisitamente politica) risale agli anni successivi alla  Resistenza. E’ cresciuta poi  nei decenni a cavallo fra i due secoli, fino ad arrivare ad oggi, un’antiepica che si nutre di una shame culture diversa da quella omerica ma forse più profonda e letale: la vergogna dell’Occidente per se stesso, per il suo passato colonialista e razzista, per il culto della personalità e della prodezza virile praticato durante il Fascismo, il rifiuto dell’autorità costituita. Dovunque se ne notano gli effetti: in qualunque filmato televisivo destinato al grosso pubblico, i carabinieri sono mostrati goffi, impacciati, facili all’intenerimento; il prossimo film con il trio Aldo Giovanni e Giacomo s’intitola Attitudini: nessuna.

Come si potrebbe mai, nel 2025, riproporre efficacemente l’epica salgariana? Difatti il paragone con il kolossal del 1976 è impietoso: in cinquant’anni siamo passati dal gusto per l’epopea al suo rifiuto proprio antropologico, e non basta desiderare di riproporre Sandokan per ottenere un risultato pari a quello dell’originale. Il “forno” culturale è radicalmente cambiato, la torta non lievita.

Un fermo immagine dalla serie TV Sandokan del 1976.
Un fermo immagine dalla serie TV Sandokan del 1976.

L’impressione generale è quella di un fumettone superficiale e scialbo, privo di tono e muscolatura, in cui il sangue è palesemente finto, altrettanto finti i paesaggi, la recitazione (salvo quella di Can Yaman e di Ed Westwick) è artificiosa, la sceneggiatura è priva di profondità e di analisi psicologica. Si avverte che né la regia né alcuni personaggi pure fondamentali (come Yanez) credono profondamente in ciò che fanno. La musica, modernizzata con il sintetizzatore dai Calibro 35, non incide, ha poco corpo, non si memorizza. La scelta della ventenne Alanah Bloor nel ruolo di Marianna è comprensibile solo nell’attuale Occidente della body positivity e dell’orrore per il body shaming: è una ragazzina slavata e scipita, priva di forme e di sensualità, che si accosta molto male al fascinoso Sandokan. 

Insomma, il ramo dell’epica è completamente seccato nell’area occidentale e ha poco senso volerlo agitare per ragioni puramente commerciali, come sta capitando su Rai 1. Se vogliamo trovare un’epica autentica, oggi dobbiamo andare a cercarla in Nazioni che hanno ancora una grande concezione di sé, come la Turchia, l’Iran, l’India e gli -Stan dell’Asia centrale.

  • Professore di greco e di latino, interprete e commentatore di testi antichi, traduttore, conferenziere, promotore di eventi per la diffusione della cultura classica, concepisce il moderno umanesimo come un dialogo costante con il passato allo scopo di comprendere in modo critico e non conformistico il presente, senza escludere il ricorso alle tecnologie multimediali e informatiche.
    A una ricca produzione scientifica di tipo specialistico aggiunge l’attività di scrittore, poeta, saggista. Collabora con il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis, con il Centrum Latinitatis Europae ed è socio fondatore dell’associazione culturale genovese Domus Cultura.

    Visualizza tutti gli articoli
Ti è piaciuto questo articolo? Apprezzi i contenuti di "Caput Mundi"? Allora sostienici!
Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *