Reportage Africa Express: In Sudan si muore di fame
Mancano soldi ma arrivano armi e mercenari
Per gentile concessione di Africa-ExPress.info, ripubblichiamo il loro articolo originale
Il Programma Alimentare Mondiale chiede urgentemente nuovi finanziamenti per chi fugge dalla guerra. Il conflitto continua la sua folle corsa, nessuna tregua in vista.
Le armi non tacciono. In Sudan si sta consumando la peggiore crisi umanitaria del momento, con decine e decine di migliaia di morti, oltre 10 milioni di sfollati e 4 milioni di rifugiati nei Paesi limitrofi. Le persone scappano con poco più degli abiti che indossano. Fuggono dalla morte, dalle bombe, dalle pallottole.
La guerra tra i due generali, Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, a capo delle forze armate sudanesi (SAF) e capo del Consiglio sovrano e de facto presidente del Sudan da una parte e Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, leader delle Rapid Support Forces (RFS) è scoppiata nell’aprile 2023. Le battaglie tra le due fazioni continuano e finora non si vedono spiragli di pace all’orizzonte.
Niente tregua in Darfur
Nei giorni scorsi le Nazioni Unite avevano proposto un cessate il fuoco di una settimana per portare aiuti umanitari a al-Fasher, capoluogo del Darfur settentrionale. La tregua è stata accettata da SAF, non dalle RFS. I paramilitari hanno spiegato che, secondo loro, l’esercito sudanese approfitterebbe di una breve pausa delle ostilità per rifornire le proprie truppe.
E ieri mattina i sanguinari ribelli hanno nuovamente bombardato il centro del capoluogo del Darfur settentrionale, uccidendo almeno tre persone. Intanto i prezzi dei beni di prima necessità sono saliti alle stelle. Secondo quanto riportato in questi giorni da Sudan Doctors Network da gennaio a oggi sarebbero morti di fame 239 bambini a al-Fasher. Se ne sono andati nel quasi totale silenzio della comunità internazionale.
L’arma più potente in questa guerra è proprio fame, uccide chi è rimasto nel Paese, ma sta minacciando anche chi ha cercato protezione nei Paesi limitrofi, come Ciad, Libia, Sud Sudan, Centrafrica e altri. Sono per lo più nazioni a basso reddito e con problemi di insicurezza dovuti a conflitti interni.
Appello di PAM
Senza aiuti internazionali i governi degli Stati vicini non riescono ad assicurare beni di prima necessità alle loro popolazioni, figuriamoci ai rifugiati. La situazione è drammatica e proprio in questi giorni PAM (Programma Alimentare Mondiale) ha lanciato un disperato appello: “Milioni di sudanesi fuggiti nei Paesi vicini sono a rischio fame e malnutrizione per carenza di fondi che costringe a drastici tagli all’assistenza alimentare salvavita”.

I tagli per la distribuzione del cibo sono già iniziati da tempo. Persino in Uganda alcuni rifugiati vulnerabili ricevono solamente un quarto delle calorie necessarie al giorno, vale a dire 500 contro le 2000 e si prevedono ulteriori riduzioni nel prossimo futuro se non arrivano al più presto nuovi fondi.
I sudanesi in fuga rischiano di morire di fame e stenti anche oltre i confini dell’ex protettorato anglo-egiziano.
PAM ha avvertito che il sostegno ai rifugiati sudanesi in Egitto, Etiopia, Libia e Repubblica Centrafricana “potrebbe arrestarsi nei prossimi mesi a causa dell’esaurimento delle risorse”.
Vite a rischio
Anche in Ciad, che ospita già oltre 850mila sudanesi ci sono gravi difficoltà. il flusso è in costante aumento, visto che ogni giorno un migliaio di persone provenienti dal Darfur in fiamme, sconfina nel Paese. Purtroppo trovano scarso aiuto nei campi sovraffollati con il rischio di nuovi tagli alle razioni di cibo. Stanno fuggendo da una regione dove in alcune aree la carestia è già stata confermata. Nell’agosto 2024 la mancanza di cibo è stata denunciata nel campo sfollati di Zamzam, ora si è estesa a parecchi altri siti. Centinaia di migliaia di vite sono a rischio.

In questi giorni si sta svolgendo una conferenza internazionale sul finanziamento allo sviluppo, organizzata dall’ONU a Siviglia, Spagna. In tale occasione PAM spera di raccogliere nuovi fondi per far fronte alle esigenze dei sudanesi e tutte le popolazioni in difficoltà a livello globale.
Armi chimiche
Intanto sono scattate le nuove sanzioni di Washington nei confronti del governo di al-Burhan, perché, secondo gli USA, SAF avrebbe utilizzato armi chimiche nel 2024 nella guerra contro le RFS. In una nota del 22 maggio scorso il dipartimento di Stato USA accusa il Sudan di aver fatto ricorso a tale arma, senza però precisare data e luogo. Gli americani hanno sottolineato che il Paese ha violato la Convenzione contro l’uso di questo tipo di armamenti, accordo ratificato anche dal Sudan nel 1999.
Khartoum ha respinto le accuse al mittente, dichiarando che sono senza fondamenta e prove. Intanto le sanzioni comprendono restrizioni a crediti governativi USA e esportazioni statunitensi verso il Paese. Sono esenti, invece, aiuti umanitari urgenti e prodotti agricoli.
Sta di fatto che già in altre occasioni il governo di Khartoum è stato accusato di aver utilizzato armi chimiche. Una denuncia in tal senso risale al 2016. Allora Amnesty International aveva accusato l’esercito di averne fatto uso in almeno 30 occasioni nel Darfur. L’organizzazione per i diritti umani aveva chiesto inutilmente un’inchiesta all’ONU.
Accuse al Kenya
SAF sta accusando il Kenya di fornire armi alle RFS. In un breve comunicato del ministero degli Esteri sudanese ha dichiarato di aver scoperto a maggio armi e munizioni etichettate in Kenya nei depositi di armi dell’RSF a Khartoum. Armi e mercenari in arrivo alle Rapid Support Forces anche dagli Emirati Arabi Uniti attraverso il porto di Bosaso in Puntland, secondo una pubblicazione di Africa Intelligence, testata solitamente ben informata.