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Marocco: il vento delle proteste sferza la monarchia

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Il re e la percezione del popolo

Negli ultimi anni il re del Marocco, Mohammed VI, è stato spesso descritto da osservatori e giornalisti locali come un sovrano sempre meno coinvolto nella gestione del potere e sempre più dedito ad una vita privata agiata, sostenuta dalle ingenti risorse economiche della famiglia reale; tale tendenza, secondo diverse fonti marocchine, si sarebbe accentuata negli ultimi anni.

Durante i lunghi soggiorni all’estero, Mohammed VI è spesso accompagnato da quella che la stampa marocchina definisce la sua “nuova famiglia”: tre fratelli di origine marocchina ma cresciuti in Germania (noti nel mondo delle arti marziali miste) ed un lottatore spagnolo proveniente da Melilla, una delle due enclave spagnole sul territorio marocchino.

La questione, tuttavia, non si limita alle cronache mondane che solitamente circondano le famiglie reali: l’assenza prolungata del sovrano sta assumendo un rilievo politico nel paese. Sebbene il Marocco sia formalmente una monarchia costituzionale, il re mantiene poteri esecutivi molto ampi: è comandante supremo delle forze armate, massima autorità del sistema giudiziario e dispone della facoltà di sciogliere il Parlamento con decreto reale.

Storicamente, la figura del monarca ha avuto un ruolo determinante nell’orientare la politica nazionale, sia sul fronte interno sia nelle relazioni internazionali, in un contesto politico frammentato. Negli ambienti istituzionali marocchini cresce la percezione di una paralisi dell’attività di governo in assenza del re, una condizione che ha causato anche qualche imbarazzo sul piano diplomatico; le rare apparizioni pubbliche hanno alimentato le speculazioni sulle sue condizioni di salute.

La figura di Mohammed VI

Educato con severità dal padre Hassan II, Mohammed VI aveva mostrato fin da giovane un’inclinazione per la vita mondana ed un vivo interesse per la musica e le feste. Salito al trono nel 1999, alla morte del padre, era stato accolto come un possibile riformatore, ma col tempo ha progressivamente ridotto la propria attività pubblica, attirando invece l’attenzione per le sue frequentazioni nel mondo della musica pop e rap e per il gusto pronunciato per il lusso.

Il re del Marocco, Mohammed VI, nel 2015 durante la sua visita in India.
Il re del Marocco, Mohammed VI, nel 2015 durante la sua visita in India.

Una nuova fase nella vita del sovrano sarebbe iniziata nel 2017, anno in cui si diffusero le voci del suo divorzio dalla regina Salma (mai ufficialmente confermato, ma seguito dalla scomparsa di lei dalla scena pubblica) ed in cui la presenza di Abu Azaitar e dei suoi fratelli divenne sempre più influente. I tre, che in passato avevano avuto problemi giudiziari in Germania per risse, furti e frodi, sono stati inizialmente ingaggiati come personal trainer del re, per poi entrare anche nei suoi affari privati, in particolare in una catena di fast food.

Secondo fonti marocchine, la loro influenza sarebbe oggi tale da consentire loro libero accesso al palazzo reale, fino ad intervenire nella gestione dei contatti e delle relazioni del sovrano, decidendo chi egli possa incontrare o meno ed arrivando perfino a convocare ministri e membri della famiglia reale.

Durante la pandemia, Mohammed VI ha acquistato a Parigi un palazzo del valore di circa 80 milioni di euro, nei pressi della Tour Eiffel, ufficialmente per essere vicino alla madre, residente in un quartiere della capitale francese. Nel 2022 vi ha trascorso oltre cinque mesi, alternandosi tra la nuova dimora ed un castello a Betz, a circa sessanta chilometri da Parigi, proprietà della famiglia reale sin dagli anni Settanta. I tabloid locali lo hanno più volte immortalato durante serate nei locali della città, in alcune circostanze mostrando segni di eccessi.

In Gabon, il sovrano possiede invece una residenza isolata e di grande lusso a Pointe Denis, penisola affacciata sulla capitale Libreville; l’area, raggiungibile solo dopo un’ora di navigazione o un lungo viaggio in auto, gli assicura la massima riservatezza grazie ad un servizio di sicurezza armato. Secondo i residenti della zona, tuttavia, il re conduce lì una vita sorprendentemente semplice, seppur agiata.

Secondo diversi osservatori, l’eccessiva distanza del sovrano dal suo popolo e lo stile di vita dispendioso potrebbero rappresentare un rischio per la stabilità della monarchia. Il Marocco, pur avendo quasi recuperato i flussi turistici pre-pandemia, deve infatti affrontare un’inflazione elevata che ha fatto aumentare il costo dei beni di prima necessità, gravando in particolare sulle fasce più povere della popolazione.

Il divampare delle proteste

Le principali città del Marocco sono teatro di ampie manifestazioni di protesta: migliaia di giovani, in gran parte appartenenti alla cosiddetta Generazione Z (nati tra il 1997 ed il 2012), sono scesi in piazza per chiedere un maggiore impegno del governo nel miglioramento del sistema scolastico e sanitario. Le mobilitazioni arrivano mentre l’esecutivo ha annunciato ingenti finanziamenti destinati alle infrastrutture legate ai Mondiali di calcio del 2030, di cui il Paese sarà co-organizzatore. Si tratta delle proteste più estese degli ultimi quindici anni: le autorità hanno arrestato centinaia di persone e non sono mancati episodi di violenza.

Le manifestazioni hanno avuto inizio sabato 27 settembre e, almeno per ora, non sembrano essere guidate da partiti politici né da figure di spicco: il movimento è nato da un collettivo informale chiamato “GENZ212” (il numero fa riferimento al prefisso internazionale del Marocco) che ha coordinato la mobilitazione attraverso i social network, in particolare su TikTok e Discord. Gli organizzatori si sarebbero ispirati a recenti forme di protesta giovanile emerse in Nepal ed in Madagascar.

Una scena delle proteste in atto in Marocco.
Una scena delle proteste in atto in Marocco.

Le manifestazioni non si sono limitate alla capitale Rabat, dove è attivo anche il gruppo “Voce dei giovani marocchini”, ma si sono estese ad almeno undici città, tra cui Casablanca, Agadir ed Oujda. Nella maggior parte dei casi i cortei si sono svolti in modo pacifico, ma non sono mancati scontri con la polizia, incendi di veicoli e saccheggi di negozi. Le forze dell’ordine hanno effettuato numerosi arresti: molti manifestanti sono stati rilasciati dopo poche ore, mentre altri dovranno affrontare accuse di “atti violenti e partecipazione a proteste illegali”, reati che prevedono pene detentive.

Il Marocco viene generalmente considerato un paese stabile dal punto di vista politico e sociale: le ultime grandi mobilitazioni risalgono al periodo della cosiddetta primavera araba del 2011, che in questo paese si tradusse in una riforma costituzionale promossa direttamente dalla monarchia.

Negli ultimi anni, il Marocco sta attraversando una fase di forte espansione economica ed infrastrutturale, sostenuta da investimenti di ampia portata: secondo le stime, nei prossimi cinque anni verranno destinati circa 35 miliardi di dollari a progetti che spaziano dai treni ad alta velocità ai porti, dai data center all’idrogeno verde, fino alle industrie di batterie elettriche ed all’intelligenza artificiale.

Una parte consistente di questi fondi sarà legata all’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2030, che il Paese ospiterà insieme a Spagna e Portogallo. In vista dell’evento, sono previsti interventi su sei impianti sportivi: tre verranno rinnovati o ampliati (tra cui lo stadio di Tangeri, oggetto di lavori per 340 milioni di euro) ed altri tre saranno costruiti ex novo; il nuovo stadio di Casablanca, progettato per accogliere fino a 115mila spettatori, diventerà uno dei più grandi al mondo. In totale, l’investimento stimato per la manifestazione sportiva ammonta a circa 5 miliardi di euro.

Una simulazione al computer di come dovrebbe essere, una volta realizzato, il nuovo stadio di Casablanca.
Una simulazione al computer di come dovrebbe essere, una volta realizzato, il nuovo stadio di Casablanca.

Le proteste scoppiate nelle ultime settimane mirano proprio a contestare queste spese: i manifestanti denunciano la carenza di strutture adeguate nei settori della sanità e dell’istruzione, chiedendo che le risorse pubbliche siano destinate prioritariamente al miglioramento degli ospedali e delle scuole; ad innescare l’ondata di indignazione è stato anche un grave episodio avvenuto ad Agadir, nel sud del Paese, dove otto donne sono morte nel giro di una settimana dopo aver partorito con taglio cesareo. Le cause dei decessi non sono ancora state chiarite, ma secondo le prime ipotesi potrebbero essere legate ad una somministrazione eccessiva di anestetici.

Tra i principali motivi alla base delle proteste figurano anche la corruzione diffusa e l’elevato tasso di disoccupazione, in particolare tra i giovani. In Marocco, circa un quarto della popolazione appartiene alla cosiddetta “Generazione Z”: la disoccupazione nazionale si attesta intorno al 12,8%, ma supera il 35% tra i giovani e raggiunge il 19% tra i laureati.

Il governo guidato dal primo ministro Aziz Akhannouch, imprenditore e uomo d’affari tra i più facoltosi del Paese, ha reagito rimuovendo alcuni responsabili del settore sanitario di Agadir, pur difendendo l’operato dell’esecutivo e sottolineando che sono in corso investimenti anche in ambito sanitario; l’esecutivo ha inoltre espresso la propria disponibilità ad ascoltare le rivendicazioni dei manifestanti. Il gruppo “GENZ212” ha annunciato l’intenzione di proseguire con le mobilitazioni.

Il re e le manifestazioni

Secondo diversi osservatori, al re Mohammed VI conviene che il primo ministro Aziz Akhannouch diventi il principale bersaglio del malcontento popolare, così da potersene simbolicamente distanziare. Una strategia che il sovrano avrebbe già adottato in passato, nonostante Akhannouch sia considerato un suo stretto alleato: il monarca, infatti, avrebbe sostenuto finanziariamente il partito del premier e ne avrebbe favorito l’ascesa per contrastare i moderati islamisti che avevano guidato il Paese dopo le riforme del 2011, introdotte in seguito alle proteste legate alla Primavera araba.

Di recente, Mohammed VI ha pronunciato un discorso critico nei confronti dell’attuale modello economico, definito «a due velocità»; il re ha sottolineato la necessità di affiancare ai grandi progetti infrastrutturali un più deciso sviluppo dei servizi pubblici, ancora insufficienti. Il tono del messaggio, interpretato da molti come un rimprovero al governo, ha alimentato tra i manifestanti la speranza che il sovrano possa schierarsi al loro fianco.

Alcuni osservatori ritengono che i manifestanti si starebbero ora rivolgendo non solo al monarca, ma forse soprattutto al principe ereditario Hassan: il giovane, 22 anni, appartiene alla stessa generazione di molti dei contestatori e rappresenta, agli occhi di una parte della popolazione, la prospettiva di un possibile rinnovamento.

Nel frattempo, il primo ministro Aziz Akhannouch ha avviato la propria campagna elettorale in vista del voto previsto tra un anno. Il premier gode formalmente del sostegno del sovrano, anche se negli ultimi mesi non sono mancati segnali contraddittori: la stampa, tradizionalmente vicina alla monarchia, ha espresso critiche insolitamente severe nei confronti del governo.


Riferimenti bibliografici:

  • Dott.ssa in Scienze Internazionali Diplomatiche, Master in “Religioni e Mediazione culturale” e Master in “Antiterrorismo Internazionale”.
    Esperienze formative maturate presso Radio Vaticana e la Camera dei Deputati.
    Dal 2021 al 2023 membro del Comitato di Direzione della Rivista "Coscienza e Libertà", organo di stampa dell’Associazione Internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR).
    Fondatore del blog "Caput Mundi", supervisore sezione "Geopolitica" Nord Africa e Medio Oriente, cura le pubbliche relazioni del sito ed i contatti con l'esterno.
    Redattrice per “Il Talebano” e collaboratrice editoriale presso radio RVS, network hopemedia.it.

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