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Elezioni in Iraq: le condizioni in campagna elettorale

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La campagna elettorale

Nei giorni che sono preceduti le elezioni parlamentari, l’Iraq si è trovato immerso in un clima di intensa attesa politica. L’11 novembre 2025, gli elettori del Paese sono tornati alle urne per la settima volta dall’invasione guidata dagli Stati Uniti nel 2003, chiamati a scegliere i 329 membri del nuovo parlamento. In corsa figuravano 37 coalizioni, 38 partiti e circa 80 candidati indipendenti.

Il sistema della muhasasa – l’accordo di spartizione del potere tra le principali componenti etno-settarie – resta un pilastro del panorama istituzionale iracheno. Nato per garantire equilibrio e rappresentanza, è ormai considerato da molti un meccanismo che alimenta corruzione, clientelismo e logiche di collusione.

Il Parlamento, controllato dal Quadro di Coordinamento, ha reintrodotto il sistema elettorale a lista chiusa, lo stesso utilizzato nelle recenti elezioni provinciali. Tale meccanismo, abbandonato nel 2020 a seguito delle proteste popolari, restituisce maggiore controllo ai partiti tradizionali e riduce le possibilità di affermazione per i movimenti minori ed i candidati indipendenti.

Nel frattempo, le disuguaglianze sociali ed economiche si sono accentuate, alimentando il malcontento di una popolazione sempre più distante da una classe dirigente percepita come privilegiata ed autoreferenziale. La fragilità dell’economia, aggravata da una gestione finanziaria inefficiente e da livelli persistenti di corruzione, continua a rappresentare un elemento di vulnerabilità strutturale. A ciò si aggiungono le emergenze ambientali, come la siccità e la scarsità d’acqua, che minacciano l’agricoltura e la stabilità complessiva del Paese.

Per Washington, la tornata elettorale rappresenta un banco di prova cruciale. Un Iraq più autonomo e resiliente costituirebbe, infatti, un risultato significativo dopo anni di investimenti politici, economici e militari da parte degli Stati Uniti.

La spartizione del potere

Nel quadro politico iracheno precedente la chiamata alle urne, segnato dal ritiro di figure di spicco dello schieramento sciita come la Corrente Patriottica Sciita guidata da Muqtada al-Sadr e l’Alleanza della Vittoria dell’ex premier Haider al-Abadi, il primo ministro in carica Mohammed Shia al-Sudani si è imposto come uno dei protagonisti più rilevanti. Esponente sciita, al-Sudani ha costruito la propria popolarità sull’immagine di leader pragmatico, moderato e dotato di un approccio manageriale, capace di attrarre consenso trasversale in un contesto politico segnato da profonde divisioni.

Muqtada al-Sadr

Dalla sua nomina, nell’ottobre del 2022, la legittimità ed il consenso di al-Sudani si sono consolidati grazie alla sua abilità nel bilanciare interessi spesso divergenti, mantenendo al contempo una visione nazionale orientata all’unità. Tale equilibrio, secondo gli osservatori, si fonda su tre elementi principali. Il primo riguarda la sua capacità di gestire le contraddizioni interne: al-Sudani è visto come un mediatore esperto, intento a rafforzare le istituzioni statali pur mantenendo relazioni con gli attori che ne minano la stabilità, inclusi i complessi rapporti con Washington e Teheran.

Il secondo aspetto è la sua retorica di impronta nazionalista ed inclusiva, che si discosta dal tradizionale linguaggio settario della politica irachena. Il terzo fattore è rappresentato dai risultati concreti ottenuti nella gestione dei servizi pubblici — come progetti energetici, infrastrutture stradali e raffinerie — che gli hanno garantito riconoscimento anche nelle aree del Paese a maggioranza non sciita. Combinati, questi elementi hanno consolidato l’immagine di al-Sudani come un leader pragmatico, in grado di navigare con abilità in un sistema politico complesso e frammentato.

Mohammed Shia al-Sudani
Mohammed Shia al-Sudani

Per una parte significativa della popolazione irachena, Mohammed Shia al-Sudani incarna la possibilità di una “terza via sciita”, una posizione intermedia tra i conservatori filoiraniani del Quadro di Coordinamento (al-Itar al-Tanseqi) ed il movimento religioso-nazionalista guidato da Muqtada al-Sadr.

Negli ultimi due anni, però, i risultati ottenuti da al-Sudani suggeriscono un quadro differente: nonostante l’immagine pragmatica e popolare che ha saputo costruire, il premier appare come l’espressione più giovane e rinnovata del Quadro di Coordinamento, piuttosto che un suo reale superamento. Il capo del governo ha continuato ad operare all’interno di un sistema consolidato, fondato su reti clientelari, logiche settarie e sull’influenza di fazioni politiche dotate di proprie milizie.

La recente formazione dell’Alleanza per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Tahaluf al-Immar wa al-Tanmiya) segna un passaggio strategico nel panorama politico iracheno. Il nuovo schieramento, che riunisce tecnocrati, nazionalisti, leader tribali, personalità della società civile e figure provenienti dai tradizionali partiti sciiti – tra cui le parlamentari Hanan Fatlawi ed Aliya Nusaif, già appartenenti all’Alleanza per lo Stato di Diritto guidata dall’ex premier Nouri al Maliki – appare come un tentativo di costruire una piattaforma di governo improntata al pragmatismo.

 Hanan Fatlawi
Hanan Fatlawi

Negli ultimi anni, protagonisti della vecchia guardia politica – tra cui al Maliki, Sayyed Ammar al Hakim e lo sceicco Qais al Khazali – sono sembrati destinati ad un ridimensionamento del proprio peso elettorale: le accuse di cattiva gestione e l’incapacità di comunicare con un elettorato sempre più giovane e disilluso hanno infatti eroso la loro influenza.

Nel Kurdistan iracheno le tensioni tra il Partito Democratico del Kurdistan, l’Unione Patriottica del Kurdistan ed il movimento Nuova Generazione continuano ad indebolire la coesione politica della regione e la sua capacità di negoziare con Baghdad.

La percezione della società civile

Sotto l’apparente frammentazione del panorama politico iracheno si nasconde una struttura di potere coerente e trasversale: una rete informale che annulla i confini tra Stato e partiti, tra milizie ed istituzioni pubbliche. Le élite irachene, organizzate lungo linee etniche e settarie, esercitano la propria influenza non soltanto attraverso ideologie o appartenenze, ma soprattutto tramite il controllo diretto degli apparati statali. Ministeri, commissioni ed uffici pubblici si comportano meno come organi di una burocrazia nazionale e più come domini di fazioni politiche. Per la maggior parte dei cittadini, ogni carica o incarico amministrativo è immediatamente associata ad un partito ben preciso.

Il potere economico rappresenta un ulteriore pilastro di questo sistema. Le forze politiche gestiscono in modo pressoché monopolistico gli appalti pubblici, controllano le assunzioni nel settore statale ed utilizzano queste risorse per premiare la fedeltà dei propri sostenitori o marginalizzare le voci dissenzienti. Anche il settore dell’informazione risulta profondamente coinvolto: emittenti televisive e testate giornalistiche, spesso legate direttamente a gruppi politici o a figure dell’élite, promuovono narrazioni favorevoli ai propri referenti e delegittimano gli avversari.

Il quadro che emerge è quello di un ordine ibrido — al tempo stesso burocratico, clientelare e coercitivo — che, pur mantenendo l’apparenza di un sistema democratico, funziona nei fatti come una forma di autoritarismo competitivo.

Il cardinale Sako ed il ruolo della minoranza cristiana

A meno di un mese dalle elezioni parlamentari, il patriarca caldeo di Baghdad, cardinale Louis Raphael Sako, ha rivolto un appello ai cittadini iracheni – ed in particolare alla comunità cristiana – affinché partecipassero numerosi al voto. In un messaggio diffuso attraverso il sito del patriarcato e rilanciato da AsiaNews, il porporato ha invitato a scegliere candidati in grado di servire il popolo senza discriminazioni, sottolineando l’importanza di un’ampia partecipazione elettorale in una fase decisiva per il futuro del Paese.

Il cardinale Louis Raphael Sako, patriarca caldeo di Baghdad.
Il cardinale Louis Raphael Sako, patriarca caldeo di Baghdad.

Il cardinale Sako ha denunciato con fermezza il tentativo di alcune milizie e fazioni di appropriarsi delle risorse e del ruolo politico delle comunità cristiane nella piana di Ninive. Il porporato ha affermato come la Chiesa caldea rifiuti che i cristiani siano rappresentati da individui corrotti o da gruppi armati che controllino i territori con la forza, avvertendo come la componente cristiana non possa diventare “carburante” per interessi stranieri.

L’intervento fa riferimento anche al lungo ed aspro confronto tra il patriarca e Rayan al-Kildani, noto come “Rayan il caldeo”, leader delle Brigate Babilonia, milizia filoiraniana che negli ultimi anni ha esteso la propria influenza politica in diverse aree del Paese.

Rayan al-Kildani
Rayan al-Kildani

Sako ha inoltre ricordato come la Chiesa ed i principali partiti cristiani — caldeo, assiro e siriaco — avessero chiesto ufficialmente alle autorità competenti, tra cui la Commissione elettorale, di limitare il voto per la rappresentanza cristiana ai soli membri della comunità, per garantirne una rappresentanza autentica e legittima. Tuttavia, tali richieste non hanno ricevuto risposta.

Secondo il patriarca, la mancata tutela dei diritti delle minoranze e l’assenza di misure concrete per assicurare parità e rappresentanza hanno caratterizzato gli ultimi quindici anni di vita politica irachena. Nonostante ciò, Sako ha ribadito la volontà dei cristiani di non arrendersi e di continuare a lottare per la piena applicazione dei diritti costituzionali che ne garantiscono futuro e sopravvivenza.

L’esclusione dei candidati cristiani

La rappresentatività e la libertà di partecipazione restano elementi centrali per la tutela delle minoranze ed il loro coinvolgimento nella vita politica ed istituzionale del Paese. Ne è prova la recente decisione della Commissione elettorale indipendente (Ihec), giudicata da analisti ed osservatori come una misura senza precedenti, di escludere alcuni candidati caldei ed assiri con motivazioni definite da più parti “pretestuose”.

Issam Behnam Matti
Issam Behnam Matti

Tra i casi più discussi figura quello di Issam Behnam Matti, candidato caldeo-siriaco-assiro per la quota cristiana nella provincia di Ninive. L’esclusione è stata motivata con una presunta violazione dell’articolo 7, comma quinto, della legge elettorale n. 12 del 2018, modificata dal Consiglio dei rappresentanti iracheno. Matti Yakub, sindaco del distretto di Hamdaniya fino ai primi mesi di quest’anno, è stato sostituito da un esponente vicino a Rayan il Caldeo prima di essere escluso dalla competizione elettorale.

Nonostante i ricorsi presentati contro questa ed altre esclusioni basate sulla medesima norma, la Commissione ha confermato le proprie decisioni. Una posizione che, secondo diversi esperti, alimenta dubbi sulla trasparenza dell’applicazione della legge, in particolare rispetto ai criteri soggettivi ed alle procedure adottate.


Riferimenti bibliografici:

  • Dott.ssa in Scienze Internazionali Diplomatiche, Master in “Religioni e Mediazione culturale” e Master in “Antiterrorismo Internazionale”.
    Esperienze formative maturate presso Radio Vaticana e la Camera dei Deputati.
    Dal 2021 al 2023 membro del Comitato di Direzione della Rivista "Coscienza e Libertà", organo di stampa dell’Associazione Internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR).
    Fondatore del blog "Caput Mundi", supervisore sezione "Geopolitica" Nord Africa e Medio Oriente, cura le pubbliche relazioni del sito ed i contatti con l'esterno.
    Redattrice per “Il Talebano” e collaboratrice editoriale presso radio RVS, network hopemedia.it.

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