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Reportage Africa ExPress: in Sudan, Abu Lulu, il mostro del Darfur

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Si vanta di aver ucciso oltre 2000 persone (ma ha perso il conto)

Per gentile concessione di Africa-ExPress.info, ripubblichiamo il loro articolo originale

Abu Lulu, il più crudele carnefice di al Fasher, capoluogo del Nord-Darfur, Sudan, sotto controllo delle Rapid Support Forces, ha pubblicato sui social (vantandosi) filmati con l’esecuzione di civili.

In uno dei video si vedono nove o dieci uomini seduti sulla sabbia, con le mani alzate, mentre invocano pietà al miliziano con i capelli ricci e lunghi che gli arrivano alle spalle. La sua arma è rivolta verso i poveracci. Accanto a lui ci sono altri paramilitari armati.

Poi, senza battere ciglio, apre il fuoco contro i prigionieri, aiutato dai suoi compagni, assetati di sangue come lui. Brandelli di vestiario e sangue schizzano sulla sabbia.

Esecuzioni da film horror

I paramilitari delle RSF, il cui leader è Mohamed Hamdan Dagalo (Hemetti), si sono accaniti soprattutto su membri di tribù non arabe.

Abu Lulu, il cui vero nome è Al Fateh Abdullah Idris, è un generale di brigata delle RFS. Senza vergogna e senza un briciolo di umanità, mette deliberatamente in scena, a volto scoperto, l’esecuzione di civili indifesi. “Continuerò a uccidere. Se qualcuno vuole chiedermi conto delle mie azioni, che venga qui, compresa l’ONU”, ha dichiarato in uno dei filmati.

L’uomo si è vantato apertamente di aver ucciso più di 2.000 persone, e ride sfacciatamente, mentre dichiara di averne perso il conto.

Attenzione: le immagini di questo filmato potrebbero urtare la vostra sensibilità 

Tuttavia, dopo l’indignazione a livello internazionale suscitata dai raccapriccianti filmati di Abu Lulu, le RSF lo hanno arrestato. Un video lo mostra ammanettato mentre viene condotto in una sorta di cella nella periferia del capoluogo del Darfur settentrionale. Ma a quanto pare si è trattato solo di una messa in scena momentanea. Secondo quanto riportato da al Jazeera, il macellaio di al Fasher sarebbe di nuovo a piede libero.

Vicino alla famiglia Dagalo

In base a quanto riferito da alcuni media internazionali, Abu Lulu, uno dei leader più noti dei paramilitari dopo la pubblicazione dei suoi video, sarebbe molto vicino alla famiglia Dagalo appartenente alla tribù araba Mahariya Rizeigat.

Al Fasher, popolazione terrorizzata.
Al Fasher, popolazione terrorizzata.

Il killer di al Fasher è entrato a far parte delle RSF nel 2013 dopo aver ricevuto un addestramento militare. I suoi legami con Dagalo (detto Hemetti), leader dell’RSF, lo hanno ovviamente avvantaggiato nella sua carriera nelle forze paramilitari. E’ stato inviato diverse volte in Yemen, dove ha combattuto per l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, spina dorsale della coalizione.

Dopo essere tornato dallo Yemen, è stato trasferito all’ufficio intelligence, rafforzando la sua posizione all’interno delle RSF.

Quando il conflitto tra i paramilitari e l’esercito sudanese si è intensificato, Abu Lulu è stato una delle guardie del corpo di Abdelrheem Dagalo, allora all’epoca vice comandante dell’RSF, fratello di Hemetti.

In precedenza avrebbe partecipato anche a diversi scontri nella capitale Khartoum contro l’esercito sudanese.

Accanimento su gruppi etnici non arabi

Ora le Nazioni Unite vogliono vederci chiaro. Venerdì scorso, il Consiglio dei Diritti Umani ha dato incarico a una missione d’inchiesta per identificare tutti responsabili delle presunte violazioni del diritto internazionale che si sono consumate a al Fasher.

RSF risorte dai Janjaweed

Le milizie janjaweed sono state organizzate dal governo sudanese per combattere i gruppi antigovernativi che nel 2003 hanno lanciato una cruenta guerriglia in Darfur. Formate essenzialmente da tribù arabe erano utilizzate per terrorizzare la popolazione civile di origine africana.

Assalivano i villaggi e, dopo averli saccheggiati, bruciavano le capanne, uccidevano gli uomini adulti, violentavano le donne per metterle incinte e dargli un figlio arabo. Rapivano i bambini e i ragazzi. Le femmine erano costrette a subire ogni forma di violenza e trattate come concubine. I maschi reclutati a forza o ridotti in schiavitù.

Janjaweed a cavallo fotografati in Darfur qualche anno fa.
Janjaweed a cavallo fotografati in Darfur qualche anno fa.

Alla fine degli anni Duemila i janjaweed, per troppo tempo sotto i riflettori, erano stati sciolti (più formalmente che di fatto), ma riattivati nell’agosto 2013, con il nome di Rapid Support Forces e l’allora dittatore e presidente del Sudan, Omar al Bashir, aveva nominato Mohamed Hamdan Dagalo (Hemetti) a capo della nuova formazione paramilitare.

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