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Turchia: la piaga dell’alcool “fai da te”

Il fatto

Istanbul è stata colpita da una serie di casi di avvelenamento causati dal consumo di alcol prodotto illegalmente, con conseguenze letali per decine di persone. A metà gennaio, almeno 30 individui hanno perso la vita e molti altri sono stati ricoverati in ospedale a seguito di gravi intossicazioni. Un episodio simile si era verificato già a dicembre, provocando almeno 37 vittime. Secondo i dati ufficiali diffusi dal governatore di Istanbul, Davut Gül, nel 2024 si sono registrati finora 100 casi di avvelenamento da alcol contraffatto, con un bilancio complessivo di 48 morti.

Il problema, purtroppo, non è nuovo in Turchia, anche se torna sotto i riflettori soprattutto in occasione di eventi particolarmente gravi. Alcuni governi occidentali, tra cui Stati Uniti e Regno Unito, hanno persino inserito l’avvelenamento da alcol adulterato tra i rischi per i propri cittadini in visita nel paese; tuttavia, la portata effettiva del fenomeno rimane incerta: esponenti dell’opposizione sostengono che i decessi legati al consumo di bevande alcoliche contraffatte siano nell’ordine delle centinaia ogni anno e, dopo gli ultimi tragici episodi, hanno sollecitato il governo a diffondere dati più trasparenti.

Negli ultimi anni, la produzione illecita di alcol, in particolare del raki – il tradizionale liquore all’anice molto apprezzato in Turchia – è aumentata sensibilmente. Il motivo principale è l’impennata dei prezzi delle bevande alcoliche, divenute un lusso per molti cittadini. L’aumento dei costi è legato sia alla forte inflazione che ha colpito il paese, sia alle politiche del governo, guidato da oltre vent’anni dal Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), di orientamento conservatore ed islamista, sotto la leadership del presidente Erdoğan.

La direzione data dal governo Erdoğan

Erdoğan guida la Turchia da oltre due decenni: prima come primo ministro dal 2003 al 2014, poi come presidente, carica che ricopre tuttora. Nel corso del suo lungo mandato, ha più volte fatto riferimento ad una visione conservatrice della società, richiamandosi ai principi della tradizione islamica, che vieta il consumo di alcolici. Una posizione coerente con la composizione demografica del paese, dove la maggioranza della popolazione è di fede musulmana.

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan

Fin dall’inizio del suo governo, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) ha adottato misure restrittive per scoraggiare il consumo di bevande alcoliche. Una delle leggi più significative, approvata nel 2013, ha imposto severe limitazioni alla vendita ed al consumo di alcol, vietandone la commercializzazione entro 100 metri da scuole e luoghi di culto. Inoltre, in Turchia è proibito vendere alcolici dopo le 22, così come pubblicizzarli o mostrarli nei film. Dal 2023, le aziende produttrici di bevande alcoliche sono inoltre obbligate a detenere un fondo tra i 5 e i 50 milioni di lire turche (circa 140mila – 1,4 milioni di euro) per coprire eventuali multe e tasse future, una misura che ha penalizzato soprattutto le imprese di dimensioni ridotte.

Parallelamente, il governo ha introdotto progressivi aumenti fiscali sui prodotti alcolici, rendendoli via via meno accessibili. Attualmente, una bottiglia da un litro di raki ha un costo di circa 35 euro ad Istanbul, una cifra considerevole se rapportata al salario medio lordo, che si aggira intorno ai 700 euro mensili.

Gli aspetti giuridici e sociali

Nonostante le restrizioni, Erdoğan ha più volte negato che le politiche sul consumo di alcolici fossero motivate da ragioni religiose o morali. Al contrario, ha affermato che si tratti di misure volte a «proteggere i più giovani», citando anche un articolo della Costituzione turca che impone allo Stato di tutelare le nuove generazioni dai rischi legati all’alcol. Tuttavia, nel corso degli anni ha ribadito più volte l’obiettivo di «crescere generazioni più religiose» e ha espresso critiche nei confronti del consumo di alcolici.

La Turchia risulta essere uno dei paesi con il più basso consumo di alcol tra quelli appartenenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Nel 2021, il consumo medio annuo pro capite era di 1,4 litri di alcol puro, un dato nettamente inferiore rispetto, ad esempio, ai 7,7 litri registrati in Italia. Anche la spesa sanitaria destinata a coprire i danni causati dall’alcol è ridotta: lo 0,7% del totale, contro una media OCSE del 2,4%.

Andamento delle rivendite ufficiali di alcolici in Turchia.

Le regolamentazioni sul consumo di alcolici in Turchia rappresentano da tempo un nodo centrale nel dibattito pubblico, evidenziando la frattura tra chi promuove un modello di società più laico ed ispirato all’Occidente e chi, al contrario, si rifà a valori tradizionali. Questo contrasto riflette una più ampia spaccatura culturale e politica che attraversa il Paese.

L’alcool come simbolo di protesta

Nonostante le restrizioni introdotte dalle autorità, il consumo di alcol resta un elemento identitario per una parte della popolazione, in particolare per coloro che si oppongono alle politiche conservatrici del governo. Un episodio emblematico risale alle proteste del 2013 in piazza Taksim, durante le quali alcuni manifestanti ricorsero a brindisi sarcastici per esprimere la loro opposizione al presidente Erdoğan.

L’ondata di decessi ha alimentato le critiche verso la gestione della questione da parte del governo. Tra le voci più autorevoli, il giornalista Fatih Altayli ha evidenziato come, nel corso dell’ultimo anno, il numero di vittime legate all’intossicazione da alcol abbia superato quello degli attentati terroristici, accusando il partito di governo, l’AKP, di ignorare il problema.

Nonostante la crescente pressione dell’opinione pubblica, l’esecutivo turco non mostra segnali di un possibile cambiamento nella propria strategia. Mustafa Adiguzel, esponente del Partito Popolare Repubblicano (CHP), principale forza di opposizione, ha denunciato la politica sugli alcolici del governo definendola responsabile di «omicidi di massa» e ha proposto una revisione normativa per abbassare i prezzi delle bevande alcoliche. La linea seguita finora dalle autorità resta incentrata sulla repressione, con misure che puntano all’individuazione ed all’arresto di chi produce o distribuisce alcolici non regolamentati.


Riferimenti bibliografici:

  • Dott.ssa in Scienze Internazionali Diplomatiche, Master in “Religioni e Mediazione culturale” e Master in “Antiterrorismo Internazionale”.
    Esperienze formative maturate presso Radio Vaticana e la Camera dei Deputati.
    Dal 2021 al 2023 membro del Comitato di Direzione della Rivista "Coscienza e Libertà", organo di stampa dell’Associazione Internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR).
    Fondatore del blog "Caput Mundi", supervisore sezione "Geopolitica" Nord Africa e Medio Oriente, cura le pubbliche relazioni del sito ed i contatti con l'esterno.
    Redattrice per “Il Talebano” e collaboratrice editoriale presso radio RVS, network hopemedia.it.

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