PolitologiaScienze Sociali e Umanistiche

Il Ronald Reagan più odiato di Hollywood!

Dennis Quaid (1954-vivente) è un attore hollywoodiano che, sebbene non certo della levatura di un John Wayne o di un Mel Gibson, né della “muscolare mitologia” di uno Stallone o di uno Schwarzenegger, se fosse un calciatore potrebbe essere definito come “uno dei più scarsi della serie A”. E visto che stiamo parlando del cinema di Hollywood tanto di cappello.

Soprattutto Quaid ha dimostrato di essere un attore coraggioso, forse con la complicità del sopraggiungere della vecchiaia, una fase della vita che porta molte persone a volersi togliere qualche macigno dalle scarpe dopo una carriera in un ambiente dove non essere progressisti (quando non dichiaratamente marxisti) significa correre il rischio di essere messi ai margini o direttamente alla porta.

Una recente foto di Dennis Quaid.
Una recente foto di Dennis Quaid.

Fatto sta che Quaid da almeno dieci anni a questa parte ha espresso sempre più fortemente le sue simpatie repubblicane, anche verso il discusso e discutibile (ma quasi sempre vincente) Donald Trump. Fino al momento della catarsi politico-professionale, in cui nel dicembre del 2018 l’attore ha dichiarato che il suo Presidente preferito è stato niente di meno che un altro ex attore: Ronald Reagan. “Boom!” verrebbe da dire, sapendo di trovarsi in una Hollywood in piena fase Woke, terzomondista, complottista, gretina-thumberghiana e chi più ne ha più ne metta. Dove solo pronunciare il cognome di colui che ha cortesemente indicato al comunismo la strada per la discarica della Storia rischia di scatenare una caccia alle streghe (o un processo stalinista).

E visto che siamo negli Stati Uniti conservatori e reaganiani facciamo un paragone country: al whisky contadino delle simpatie repubblicane e ai rodei texani dell’appoggio a Trump Quaid non poteva che sommare il tris di assi a poker, ovvero un film biografico proprio su Ronald Reagan.

E così, prodotto da Mark Joseph e con regista Sean McNamara, nel 2024 è arrivato “Reagan”, lungometraggio tratto dal libro “The Crusader: Ronald Reagan and the Fall of Communism” di Paul Kengor. Dove, ovviamente, ad interpretare il defunto Presidente è proprio un Dennis Quaid reso assai somigliante dai truccatori e dall’età.

La locandina del film "Reagan".
La locandina del film “Reagan”.

Il film, in 141 minuti, riassume i tratti salienti della carriera di “Ronny”, dalla sua formazione giovanile alla carriera di discreto attore, per poi passare dall’attività di sindacalista alla trionfale esperienza politica. Concludendo col commovente addio di un ex Presidente malato di Alzheimer e le vere immagini del suo funerale.

Da sottolineare che il cast di supporto lascia Quaid tutt’altro che solo. Senza contare i gregari (tutti validi) ad interpretare in modo egregio la First Lady Nancy Reagan vi è infatti Penelope Ann Miller, che a sessant’anni non potendo più basare i suoi film sul fatto di essere un miracolo della biologia (chi non ci crede riguardi “I soldi degli altri” con un mitologico Danny De Vito) ha “compensato” dimostrando di essere anche una brava attrice. Leonid Brezhnev ha il volto di Robert Davi, uno dei cattivi più iconici di Hollywood (con quel faccino…). Il ruolo della prima moglie di Reagan (l’attrice Jane Wyman) è retto da Mena Suvari, che nel 1999 causò un’epidemia di onanismo con “American Beauty”). Infine, il personaggio narrante del film, ma storicamente inventato in quanto sintesi di decine tra spie ed analisti, è il premio Oscar John Voight, un altro attore passato da una gioventù marxista ad una vecchiaia trumpiana: in ogni caso gli elettori sia di destra che di sinistra sono unanimi nel perdonargli qualunque sbandata ideologica, in quanto padre di Angelina Jolie, altra nume tutelare degli oculisti.

Ma non giriamoci intorno: pur essendo ben recitato e storicamente accurato (magnifica la scena in cui Reagan pronunciò a Berlino la storica frase “Mister Gorbačëv, apra questa porta. Mister Gorbačëv, abbatta questo Muro!”) il film è un tributo al grande Presidente, o, se preferiamo, un’elegia.

E un tributo a Reagan come è stato accolto dalla critica (la stessa critica, per intenderci, che divinizzò il cinematograficamente perfetto ma storicamente imbarazzante “JFK” di Oliver Stone)? Con due parole: pomodori e cannonate. Il critico cinematografico del Wall Street Journal lo ha definito “Recitazione manierata, fotografia squallida, goffi tentativi di aumentare l’eccitazione tramite espedienti come il rallentatore e una colonna sonora come una fontana di melma servono tutti come flashback della spazzatura della rete dell’era Reagan”. Meglio ha fatto il Washington Post, secondo cui “I fedeli per i quali Reagan è stato creato non si renderanno conto che si tratta di un’agiografia rosea e superficiale come qualsiasi cosa in una parata del Primo Maggio al Cremlino. Come propaganda della cultura pop – propaganda, se vogliamo – il film è rigorosamente per i veri credenti. Come storia, è inutile”. Bisogna riconoscere che il Washington Post è stato più abile del Wall Street Journal, poiché invece di dare addosso in maniera aggressiva ai lati tecnici del film ha cercato di far passare il messaggio che i fans del fu Presidente sono dei deficienti. Vecchie tecniche marxiste? Perché no? Finché funzionano…

Il vero Ronald Reagan, alla Casa Bianca nel 1986.
Il vero Ronald Reagan, alla Casa Bianca nel 1986.

Ma il top crediamo che sia stato raggiunto da Variety, rivista che dopo 111 anni dalla sua fondazione nel 2016 per la prima volta appoggiò apertamente un candidato, ovvero Hillary Clinton contro Donald Trump. Per la suddetta rivista (al cui nome probabilmente ora ogni candidato tocca ferro e magari anche altro) il lungometraggio è il terzo peggior film del 2024, in quanto “Film biografico di bassa lega…  rivolgendosi a un pubblico di nostalgici… È come guardare una televenditrice per un leader di una setta che non ha senso”. Che dite l’hanno presa bene?

Chi scrive non se la sente di dare giudizi tecnici. Di più, confesso l’ignoranza di non aver capito cosa intendesse il Wall Street Journal con “fotografia squallida”: dovevano mostrare le battaglie del Signore degli Anelli e la distruzione della Morte Nera o un uomo normale che faceva comizi ed ogni tanto andava a cavallo in campagna?

Pertanto, lasciando ad altri l’auto-incoronazione di “avanguardia del popolo”, limitiamoci a riportare il verdetto del popolo stesso, che in un prodotto cinematografico si traduce con gli incassi al botteghino. Costato alla produzione 25 milioni di dollari, dal 30 agosto al 20 ottobre 2024 “Reagan” ha incassato 30.047.417 milioni. Non certo un trionfo, ma sicuramente una scommessa vinta. Anzi, un successo del concetto capitalista del rischio d’impresa.

Ronny è contento…


Riferimenti bibliografici:

  • Laureato in Storia, autore di saggi storici e di svariati articoli di storia ed analisi geopolitica.
    Fondatore del blog "Caput Mundi", coordinatore sezione "Storia" e "Geopolitica" russa ed anglosassone.

    Visualizza tutti gli articoli
Ti è piaciuto questo articolo? Apprezzi i contenuti di "Caput Mundi"? Allora sostienici!
Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *