Ercole e Artù: fratelli gemelli?
Introduzione
La nascita di un eroe non è mai banale. Né in Grecia, né nella Britannia leggendaria. E quando si guarda da vicino alla figura di Re Artù, sovrano della Tavola Rotonda, ci si accorge che il suo concepimento non è così originale come potremmo pensare. Anzi, ricorda da vicino quello di un altro eroe: Ercole.

Entrambi nati da un inganno sessuale orchestrato da una forza soprannaturale, entrambi destinati a restaurare l’ordine in un mondo corrotto, entrambi affiancati da fratelli e sorelle che giocano ruoli chiave nel loro cammino. Coincidenza? Forse. Ma più probabilmente, un archetipo che viaggia nel tempo.
L’inganno per generare un eroe
Nel mito greco, Zeus si traveste da Anfitrione per unirsi ad Alcmena, generando Eracle. Nello stesso letto, poche ore dopo, il vero Anfitrione concepisce Ificle, il fratello mortale. Nascono così due gemelli: uno semidio, uno uomo.
Nel ciclo arturiano, Uther Pendragon, grazie alla magia di Merlino, assume le sembianze del duca di Cornovaglia e giace con Igraine, generando Artù. Anche qui, nella stessa famiglia, c’è un’altra figura cruciale: Morgana, la figlia legittima del duca e di Igraine, sorellastra di Artù.
In entrambi i casi, un inganno sovrannaturale feconda una donna sposata, e da quell’inganno nasce una linea di eroi e una linea di conflitti. Ificle non sarà mai Ercole. Morgana, invece, non sarà mai Artù, ma avrà poteri e ruoli fondamentali, spesso in opposizione.
Parallelo tra i personaggi
Eroe prescelto | Eracle (figlio di Zeus) | Artù (figlio di Uther e Igraine) |
Soprannaturale che genera l’inganno | Zeus (con potere divino) | Merlino (con magia) |
Donna ingannata | Alcmena | Igraine |
Marito ingannato | Anfitrione | Duca di Cornovaglia |
Fratello/sorella “d’ombra” | Ificle, umano, debole ma leale | Morgana, potente, ambigua, talvolta nemica |
Destino del protagonista | Redimere il mondo con la forza | Governare con giustizia e fondare un regno |
Ma gli autori medievali conoscevano la storia di Ercole?
Qui la questione si fa affascinante. Il poema greco dello Scudo di Eracle, in cui si celebra l’eroismo e la cosmologia di Eracle, non era conosciuto in Britannia nel Medioevo. Non esistono traduzioni, né è citato nei testi latini dell’epoca.

Eppure, la figura di Ercole era ben presente nella cultura romana, anche in Britannia, nelle commedie di Plauto (come l’Amphitruo), si racconta proprio la scena dell’inganno di Alcmena – in chiave farsesca ma fedele alla tradizione; Ercole era poi oggetto di culto militare, simbolo di forza, virilità e protezione; infine, nella letteratura medievale latina, Ercole riappare spesso come figura morale o allegorica.
È plausibile quindi che gli autori del ciclo arturiano – soprattutto Geoffrey of Monmouth e Chrétien de Troyes – conoscessero almeno la struttura narrativa del mito eracleo, filtrata attraverso la cultura latina e il teatro romano.
Archetipi che attraversano i secoli
Artù ed Ercole sono specchi in due epoche diverse. Mentre l’uno combatte mostri con la clava e conquista l’immortalità dopo una vita di prove l’altro estrae la spada e cerca l’ideale cavalleresco, solo per assistere alla caduta del regno che ha creato.
Ma entrambi nascono da un atto irregolare, spinti da un bisogno superiore dell’ordine cosmico. Entrambi hanno fratelli o sorelle che mettono in discussione la loro unicità. Entrambi sono costretti a pagare un prezzo per il loro destino.
In conclusione
Non è necessario che Geoffrey of Monmouth avesse letto Esiodo. Ma è possibile – e affascinante ipotizzare – che l’archetipo del concepimento eroico attraverso l’inganno, la presenza del fratello mortale o della sorella ambigua, e la chiamata al destino siano fili rossi che collegano il mito greco e la leggenda medievale.
Dove finisce la cultura classica e dove comincia la leggenda celtica? Forse, non si sono mai davvero separate.
Riferimenti bibliografici:
- Plauto, Anfitrione, a cura di Giovanni Cerri, Milano, BUR Rizzoli, 2007
- Geoffrey of Monmouth, Historia Regum Britanniae, ca. 1136, trad. L. Thorpe, Penguin Classics, 1966.
- Sir Thomas Malory, Le Morte d’Arthur, ca. 1485, trad. moderna: Penguin Classics, ed. J. Cowen, 1969.
- Cardini, Franco, Il re che fu e che sarà. Il destino di Artù, Roma-Bari, Laterza, 2000.