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Non è colpa vostra se non riuscite ad usare un sito

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La tecnologia moderna ha superato il concetto di semplice strumento per diventare un’estensione di noi stessi[1], un compagno digitale capace di anticipare le nostre esigenze ed adattarsi ai nostri comportamenti. Questo fenomeno rappresenta molto più della banale automazione: è un approccio quasi empatico alla vita quotidiana[2] che genera una vera simbiosi tra uomo e macchina[3]. In questo dialogo continuo di apprendimento reciproco, la tecnologia si adatta a noi tanto quanto noi ci adattiamo ad essa.

Il Digital Product Design: psicologia applicata alla tecnologia

Dietro ogni decisione progettuale nei prodotti digitali si nasconde una scienza precisa: il Digital Product Design[4], un’affascinante ibridazione tra psicologia e tecnologia. Non si tratta solamente di pixel, codici e colori, ma del significato profondo che attribuiamo a questi elementi e di come riusciamo a renderli comprensibili agli utenti.

Creare un sito web od un’applicazione efficace richiede competenze che vanno oltre la programmazione od il design grafico: è necessario entrare nella mente dell’utente, comprendere le sue emozioni, i suoi desideri e le sue paure[5]. Un’interfaccia deve essere non solo esteticamente gradevole, ma soprattutto comprensibile, evitando di far sentire l’utente inadeguato.

Quando gli utenti abbandonano un sito perché si sentono confusi, il problema risiede nella complessità dell’interfaccia, non nelle loro capacità. Ed è qui che interviene la psicologia cognitiva: prevedere le reazioni degli utenti a funzioni, layout e persino colori specifici ci permette di plasmare interazioni intuitive in un mondo tecnologico in continua evoluzione.

L’importanza dell’estetica funzionale

Nel contesto digitale, la questione estetica assume un’importanza cruciale. Esistono professionisti dedicati allo studio della scienza che rende l’interazione utente-interfaccia non solo naturale, ma quasi istintiva. La scelta cromatica, ad esempio, non si basa semplicemente sulle preferenze personali, ma sull’evocazione di emozioni specifiche. Facebook utilizza il blu strategicamente, così come ogni piattaforma di intrattenimento impiega palette cromatiche che guidano l’utente attraverso percorsi di scoperta emotiva[6].

La corretta disposizione degli elementi garantisce che l’utente sappia sempre cosa fare, risultando in un’esperienza più soddisfacente ed informativa, dove il sito dialoga direttamente con le esigenze dell’utente[7].

Il carico cognitivo: la RAM del cervello

Il concetto di carico cognitivo è fondamentale nel design dell’interfaccia. Rappresenta essenzialmente la “RAM del nostro cervello”: quando un sito web è disordinato e complicato, il cervello deve elaborare un surplus di informazioni, generando frustrazione[8]. Un esempio emblematico è il sito delle Poste Italiane, che presenta all’utente la complessità di un puzzle da mille pezzi quando l’obiettivo è semplicemente ottenere una ricevuta.

Interfacce sovraccariche di informazioni di navigazione, eccessive varietà cromatiche o processi troppo articolati mettono alla prova la pazienza di qualunque utente. Se un cliente deve effettuare un acquisto e non riesce a identificare chiaramente il pulsante di pagamento, probabilmente si rivolgerà altrove.

Principi psicologici applicati: le leggi di Hick e Fitts

La Legge di Hick stabilisce che all’aumentare delle opzioni disponibili corrisponde un incremento del tempo necessario per prendere una decisione. È il fenomeno che sperimentiamo di fronte ad un menù eccessivamente articolato: più scelte abbiamo, più ci sentiamo sopraffatti. In psicologia questo si definisce “paralisi della scelta” o Choice Overload. I ristoranti con menu essenziali di quattro piatti ottengono spesso risultati migliori proprio per questo motivo.

La Legge di Fitts stabilisce invece che dimensione e posizione di un elemento influenzano la facilità di interazione: obiettivi più grandi e meglio posizionati sono più rapidamente raggiungibili. Applicando questo principio[9], una barra di ricerca di dimensioni generose sarà preferita rispetto ad un piccolo pulsante “Cerca” nascosto nell’angolo superiore destro.

Il compromesso tra sicurezza ed usabilità

Un esempio pratico di bilanciamento tra funzionalità e semplicità è il login a due fattori. Deve garantire sicurezza adeguata mantenendo al contempo un processo semplice per l’utente finale. Esistono soluzioni più sicure che eliminano completamente le password, ma risultano complesse dal punto di vista dell’esperienza utente. Il design efficace trova il compromesso ottimale tra soddisfazione dell’utente e funzionalità decenti.

L’arte dell’invisibilità

Il design perfetto è quello invisibile. L’utente deve percepire di avere il pieno controllo, di decidere autonomamente il proprio percorso, mantenendo l’illusione di raggiungere gli obiettivi da solo. Questa “regia invisibile” si manifesta anche in meccanismi come le recensioni, che sfruttano l’effetto bandwagon, ovvero la tendenza naturale a seguire la folla.

Come sosteneva un antico principio del design: “Less is more”: la semplicità guidata crea un’esperienza fluida dove l’utente si sente al comando, in una conversazione naturale tra persona e sistema.

Conclusione

Il design dell’interfaccia e dell’esperienza utente rappresenta una disciplina complessa dove ogni dettaglio riveste importanza cruciale. Contenuti, colori ed immagini collaborano nel trasmettere emozioni, guidare azioni e creare esperienze che superano la mera funzionalità, diventando intuitive, coinvolgenti e piacevoli.

Questi elementi si integrano per rendere la tecnologia più accessibile e vicina alle persone.

La prossima volta che incontrate difficoltà nell’utilizzo di un sito web, ricordate: non è colpa vostra se non riuscite ad usare un sito[10].


Riferimenti bibliografici:

[1] Cambridge University Press. (n.d.). Technology and the extension of human capabilities. In Technology and isolation.
https://www.cambridge.org/core/books/abs/technology-and-isolation/technology-and-the-extension-of-human-capabilities/0EF8E5E91D7B5216C7C28ECED5362E36

[2] Shapiro, J. (n.d.). How technology has transformed empathy. Thrive Global.
https://community.thriveglobal.com/jordan-shapiro-how-technology-has-transformed-empathy/

[3] The Digital Self. (2023, October). Artificial empathy: A human construct borrowed by AI. Psychology Today.
https://www.psychologytoday.com/us/blog/the-digital-self/202310/artificial-empathy-a-human-construct-borrowed-by-ai

[4] Omninext. (n.d.). Digital product design.
https://blog.omninext.it/digital-product-design/

[5] Talent Garden. (n.d.). Psicologia e UX/UI design.
https://blog.talentgarden.com/it/blog/design/psicologia-ux-ui-design

[6] SpettacoloMania. (n.d.). La psicologia dei colori nel design delle interfacce utente.
https://www.spettacolomania.it/la-psicologia-dei-colori-nel-design-delle-interfacce-utente/

[7] UX Boutique. (n.d.). User interface design: Sfruttare la psicologia per l’esperienza utente.
https://www.ux.boutique/user-interface-design-sfruttare-psicologia-per-esperienza-utente/

[8] Conflux. (n.d.). Cognitive user experience: Bias cognitivi e psicologia.
https://www.weareconflux.com/it/blog/cognitive-user-experience-bias-cognitivi-e-psicologia/

[9] Brady, J. K. (n.d.). Ken Kocienda.
https://justinkbrady.com/notes/ken-kocienda/

[10] Post Digital Tribe. (n.d.). Post Digital Tribe.
https://www.postdigitaltribe.org/

  • Programmatore che si interroga sull'impatto della tecnologia nelle relazioni umane e sull'interazione uomo-macchina.
    Si interessa particolarmente di come le innovazioni tecnologiche debbano supportare e migliorare la vita delle categorie sociali più vulnerabili, più che il contrario.
    Host del podcast "Occhio al Mondo", dove parla in modo accessibile di tecnologia e web.
    "Sono il tizio che parla di cose di computer su internet"

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