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Konrad Adenauer

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Il piccolo renano che guidò la resurrezione della Germania.

È stato detto che la Germania fu salvata da un vecchio. In effetti Konrad Adenauer nel 1945 aveva già 69 anni, non pochi a quell’epoca.

A quella data aveva già alle spalle una brillante carriera, essendo stato Borgomastro (Sindaco) di Colonia dal 1917 al 1933 e Presidente del Consiglio di Stato Prussiano (il Land tedesco più importante) dal 1920 al 1933. da entrambe le cariche non decadde per sconfitte elettorali, ma per ordine del regime nazista non appena quest’ultimo arrivò al potere.
Nella sua vita Adenauer vide: l’apogeo e la caduta dell’Impero tedesco creato da Bismarck, la Prima Guerra Mondiale, la fallita rivoluzione comunista tedesca, la Repubblica di Weimar, la dittatura hitleriana, la Seconda Guerra Mondiale e la nascita della NATO e della Comunità Europea.

Ma chi fu Konrad Adenauer? Come sopravvisse al periodo più disastroso della Germania (eccettuata forse la Guerra dei Trent’anni) per divenire, da politico di seconda fila, uno degli artefici della rinascita europea?

Adenauer nacque a Colonia nel 1876 e morì a Bad Honnef, vicino alla città natale, nel 1967. Entrò in politica nel 1906, quando si iscrisse al Zentrum, il partito cattolico di centro particolarmente radicato in Renania e Baviera, divenendo consigliere comunale di Colonia. Nel 1909 arrivò alla carica di Vice Borgomastro e, nel 1917, Borgomastro lui stesso.

Konrad Adenauer da bambino.
Konrad Adenauer da bambino.

Gli anni dell’impero guglielmino furono per lui quelli della formazione. In un periodo di fanatismo nazionalista, Adenauer fu sempre un moderato e soprattutto un federalista. Infatti, da buon renano si batté per la creazione di un Land separato dalla Prussia, pur all’interno della Germania unita. La Prussia, infatti, dalle Guerre Napoleoniche in poi, aveva inglobato terre sì tedesche, ma dotate di peculiarità regionali assi diverse.
Da questa esperienza federalista (o meglio, autonomista) in Adenauer rimase sempre un certo campanilismo contro la Prussia. Un aneddoto narra che ogni volta che, viaggiando in treno da Colonia a Berlino, al momento di attraversare il fiume Elba, abbassasse le tendine e dicesse “Stiamo entrando in Asia”.

Tuttavia, il suo marcato regionalismo non intaccò mai il suo patriottismo tedesco: per tutta la vita si batté per / ed in nome della Germania.

Vedendo in lui un temibile nemico i nazisti, fin dallo scorcio degli anni ‘20, iniziarono una campagna diffamatoria contro Adenauer. Le accuse? Di essere antigermanico, di sprecare denaro pubblico e di essere sionista. Quando i nazisti presero il potere, nel 1933, rifiutò di decorare Colonia con le svastiche in occasione di una visita di Hitler. Per tale ragione venne rimosso dal suo incarico e i suoi conti bancari vennero congelati e le sue proprietà confiscate. Rimasto senza denaro, senza lavoro e senza casa sopravvisse grazie al sostegno dei suoi non pochi amici, tra cui il vescovo di Colonia.

Durante la Seconda Guerra Mondiale mantenne un basso profilo, ciononostante venne arrestato in diverse occasioni. Dopo il fallito attentato a Hitler del luglio 1944, a cui non partecipò prevedendone il fallimento, fu rinchiuso nel carcere della Gestapo di Brauweiler, vicino Colonia.
Liberato dalle truppe statunitensi, alla resa del Terzo Reich venne reinsediato come Borgomastro. Da questa carica venne destituito dalle truppe d’occupazione britanniche con la generica accusa di “incompetenza”. Su questo scivolone non si è mai voluto indagare approfonditamente. Probabilmente le Forze Armate di Sua Maestà vollero solo far capire che, sebbene Adenauer fosse sempre stato un antinazista, ciò non significava che i tedeschi, dopo quello che avevano fatto, potessero bellamente e subitamente tornare ad autogestirsi come se niente fosse.

Konrad Adenauer sul podio (a destra) durante il primo congresso federale della CDU al Teatro Odeon di Goslar.
Konrad Adenauer sul podio (a destra) durante il primo congresso federale della CDU al Teatro Odeon di Goslar.

Malgrado la battuta d’arresto Adenauer non stette con le mani in mano, anzi. Nell’immediato dopoguerra contribuì alla creazione di un partito che fosse l’erede del Zentrum cattolico, ma che stavolta comprendesse anche la parte protestante dei moderati. Dal 1945 al 1949 si adoperò pertanto a fondere i vari gruppi conservatori e cristiano-democratici del Paese (meno la parte orientale occupata dai sovietici, s’intende). Da quest’opera certosina nacque, nel 1949, la CDU (Unione Cristiano Democratica), ancor oggi il maggior partito tedesco di centrodestra e di cui Adenauer fu dalla sua fondazione il leader indiscusso.

La linea politica che Adenauer impose fu netta: economia di mercato, atlantismo, europeismo, ed anticomunismo senza se e senza ma.

L’anziano renano sapeva che la difesa dal comunismo e la ricostruzione della Germania Occidentale dipendevano, in ultima analisi, da un’economia capitalista, dagli aiuti americani del Piano Marshall e da una difesa unificata dell’Occidente avente a capo gli Stati Uniti. Alla luce di questo programma le Forze d’Occupazione Alleate lo nominarono Presidente del Consiglio Parlamentare, ovvero l’organo voluto dagli anglosassoni per la redazione di una Carta Costituzionale da applicare nei territori tedeschi sotto occupazione occidentale. Tale legge venne chiamata Grrundgesetz, Legge Fondamentale, e fu lo strumento legislativo che riportò la Germania sulla strada della democrazia e del federalismo.
La linea politica di Adenauer venne consacrata nel 1949, anno in cui si svolsero le prime libere elezioni della neonata Repubblica Federale Tedesca. La CDU divenne il partito di maggioranza relativa, inaugurando una serie di trionfi ininterrotti fino al 1963, anno in cui Adenauer dovette lasciare il cancellierato.

Nella sua lunga esperienza da Cancelliere Adenauer ottenne risultati a dir poco grandiosi. Partendo da un mezzo Paese completamente devastato e additato quale paria del mondo riuscì a restaurare la democrazia e sconfiggere i profeti del comunismo e della socialdemocrazia attuando un’economia di libero mercato che non aveva eguali in un’Occidente ubriaco di keynesismo e New Deal rooseveltiano. In quest’impresa ebbe l’aiuto (oltre che del fondamentale e mai troppo ricordato Piano Marshall statunitense) di Ludwig Erhard. Ministro dell’Economia, Erhard attuò politiche liberiste che permisero il miracolo economico della ricostruzione, detto in Germania Wirtschaftswunder. Erhard, inoltre, rifondò la Bundesbank, raggiunse la piena occupazione già nel 1957, tenne sotto controllo l’inflazione e, con la ricostruzione industriale, fece tornare la Germania Occidentale un Paese esportatore nel mercato mondiale.

L'evento mediatico in occasione del milionesimo esemplare di "maggiolone" prodotto in Germania, uno dei successi del Wirtschaftswunder.
L’evento mediatico in occasione del milionesimo esemplare di “maggiolone” prodotto in Germania, uno dei successi del Wirtschaftswunder.

Come se non bastasse il trio Adenauer-Erhard-Marshall aggiunse il trionfo supremo, ovvero l’assimilazione dei circa dieci milioni di profughi tedeschi delle terre orientali sottoposte a pulizia etnica dai comunisti. Tale massa di disperati, da potenziale bomba sociale ricettiva alle sirene degli estremismi, venne inserita in un’economia in piena espansione ed in un sistema politico compiutamente democratico. Un’impresa semplicemente eccezionale.

E la politica estera? Anche qui, neanche a dirlo, Adenauer lasciò un’impronta storica. Quando divenne Cancelliere, nel 1949, la Germania era sconfitta, occupata e maledetta. Era priva di un esercito, di una vera indipendenza nazionale e quindi di una politica estera. Tuttavia, con una perseveranza teutonica, ma anche con un’elasticità degna del suo predecessore Bismarck, Adenauer entro il 1963 ribaltò la situazione. Già nel 1949 l’uomo di Colonia dichiarò “Gli stranieri devono capire che il periodo del collasso e della dominazione Alleata è finito con la costituzione del Governo Federale”. Parole molto forti se dette nel 1949, ma che furono sostenute da una “perseverante moderazione” che noi italiani definiremmo democristiana, ma condita dalla cocciutaggine germanica: un mix fenomenale.

Seguendo questa via Adenauer divenne uno dei padri della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, varata dalla Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950, nonché del successivo trattato che istituì la Comunità Economica Europea nel marzo 1957.

Nel 1952 respinse un subdolo tentativo di Stalin di allontanarlo dal Blocco Occidentale e nel 1953, alla morte del tiranno georgiano, concordò la liberazione dei prigionieri di guerra tedeschi che i sovietici tenevano ancora in Siberia dopo ben otto anni dalla fine del conflitto. Per la liberazione dei suoi cittadini la Germania Occidentale dovette svenarsi, in quanto i sovietici li liberarono solo dietro lauto compenso monetario, ma entro il 1955 il Governo tedesco riuscì a riportare a casa i sopravvissuti.

Konrad Adenauer torna a Colonia nel 1955 dopo aver negoziato il rilascio degli ultimi prigionieri tedeschi detenuti in Unione Sovietica.
Konrad Adenauer torna a Colonia nel 1955 dopo aver negoziato il rilascio degli ultimi prigionieri tedeschi detenuti in Unione Sovietica.

Nel 1954 Adenauer superò se stesso, concordando con gli Alleati il pieno ritorno della sovranità nazionale nelle mani del Governo Federale, il permesso (su preghiera degli stessi angloamericani) di ricostruire un esercito, la Bundeswher, e l’ingresso della Germania Ovest nella NATO. Il riarmo e l’integrazione nell’Alleanza Atlantica, in particolare, furono la diretta conseguenza dell’aggressione comunista nota come Guerra di Corea. In sintesi, l’Occidente aveva compreso che, nel contesto della Guerra Fredda, la difesa europea non poteva fare a meno della Germania Occidentale.

Nel 1955 il Cancelliere ottenne una trionfale vittoria nel referendum della Saar, il più piccolo ed occidentale dei Land tedeschi. Tale regione, ricca di carbone e ferro, fu per secoli mira degli appetiti francesi, tanto che sia dopo la Prima che la Seconda Guerra Mondiale Parigi ne tentò l’annessione con espedienti a dir poco meschini. Ma l’era delle annessioni forzate, almeno in Occidente, era finita e Adenauer ottenne un referendum che sancì la volontà dei cittadini della Saar di essere tedeschi.

Tuttavia, se l’uomo di Colonia fu granitico nel difendere gli interessi della Germania fu anche tanto avveduto ed europeista da organizzare lo storico riavvicinamento franco-tedesco, suggellato da una magnifica cerimonia organizzata nel 1958 con il generale De Gaulle, divenuto nel frattempo Presidente della Francia. In tale evento i due anziani leaders si strinsero platealmente la mano. Sia chiaro: tra i due rimasero sempre enormi differenze. Per esempio, il Cancelliere non assecondò mai l’infantile antiamericanismo del generale-Presidente francese, così come non lo seguì mai nelle sue a dir poco inopportune aperture al Blocco Sovietico. Ma il fatto che la riconciliazione ufficiale di due grandi Nazioni europee sia stata suggellata da due anziani leaders, che in gioventù avevano visto i rispettivi popoli massacrarsi a vicenda, resterà per sempre un trionfo dello spirito costruttivo.

Abbiamo già accennato all’anticomunismo di Adenauer. Per il figlio della Renania la lotta alle ideologie totalitarie fu una costante esistenziale paragonabile a quella di Churchill (forse non casualmente un suo quasi coetaneo). Così come rischiò lavoro, beni e vita nella lotta al nazismo, allo stesso modo fu sempre intransigente verso le teorie tiranniche e collettiviste della sinistra, tanto che la sua politica estera ebbe un punto fermo: nessuno Stato sovrano avrebbe potuto riconoscere contemporaneamente la Germania Federale e la Repubblica Democratica Tedesca, ovvero la parte di Paese occupata dai sovietici e trasformata in uno Stato vassallo di Mosca.
Nella politica estera di Adeanauer la descrizione della Germania Est era semplice e molto vicina alla realtà: le terre orientali erano né più né meno che un pezzo di patria illegalmente occupato dai sovietici; pertanto, l’apertura di relazioni diplomatiche con tale territorio avrebbe comportato l’immediata rottura delle relazioni diplomatiche con la Germania Federale. Tale politica venne chiamata Dottrina Hallstein, dal nome del Sottosegretario agli Affari Esteri che la formulò. Tale dottrina sarebbe rimasta il cardine della politica estera di Bonn fino al 1969, quando il neocancelliere socialdemocratico Willi Brandt inaugurò la Ostpolitik, ovvero una politica di riconoscimento, debolezza e sudditanza psicologica nei confronti del Blocco Comunista.

Konrad Adenauer nel 1962.
Konrad Adenauer nel 1962.

Konrad Adenauer dovette lasciare la cancelleria nel 1963, a seguito dell’età avanzata e di una parziale sconfitta elettorale del centrodestra che avrebbe portato alla prima Grande Coalizione con i socialisti. Sarebbe rimasto Presidente della CDU fino al 1966, ma ormai la sua lunga stagione era conclusa. In tale stagione l’ex Borgomastro di Colonia aveva assemblato il più grande partito del centrodestra tedesco, creato uno Stato dalle rovine istituzionali della dittatura nazista, ricostruito un Paese piallato dalla guerra e reinserito la Germania nel concerto della Civiltà Occidentale. Alla sua morte, nel 1967, la Germania Ovest era tornata ad essere la prima economia d’Europa ed era divenuta il secondo contribuente militare della NATO dopo gli Stati Uniti.

Se oggi la Germania è un Paese riunito, un gigante economico di 84 milioni di abitanti ed uno Stato federale che può, a torto o a ragione, dettare la sua agenda al resto del continente… in gran parte lo deve a Konrad Adenauer, il piccolo uomo della Renania che a 69 anni si trovò al timone di una Germania distrutta, prostrata e dannata.


Riferimenti bibliografici:

  • Di Maio, T. (2004). Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer: Tra il superamento del passato e il processo di integrazione europea (1945‑1954). Giappichelli.
  • Romano, S. (2004). Europa. Storia di un’idea: Dall’Impero all’Unione. Longanesi.
  • Gilbert, M. (1996). La grande storia della Prima Guerra Mondiale. Mondadori.
  • Gellately, R. (2002). Il popolo di Hitler: Il nazismo e il consenso dei tedeschi. Longanesi.
  • Fontaine, A. (2005). La Guerra Fredda. Piemme.
  • Baget Bozzo, G. (2004). L’Impero d’Occidente. La storia ritorna. Lindau.
  • Bertini, F., & Missiroli, A. (1998). La Germania divisa: 1945‑1990. Giunti Editore.

  • Laureato in Storia, autore di saggi storici e di svariati articoli di storia ed analisi geopolitica.
    Fondatore del blog "Caput Mundi", coordinatore sezione "Storia" e "Geopolitica" russa ed anglosassone.

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