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Captagon in Siria: costante “invariabile”

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La diffusione del Captagon

Il Captagon, stimolante di origine anfetaminica, da farmaco dimenticato si è affermato come fulcro dell’economia illecita del narcotraffico in Medio Oriente. La sua diffusione ha trovato terreno fertile in Siria durante il lungo governo di Bashar al-Assad, quando la produzione di questa sostanza è stata elevata a risorsa strategica. All’inizio degli anni 2020, il valore delle esportazioni legate al Captagon aveva superato ogni altro settore, con stime di ricavi annui compresi tra i 5 ed i 57 miliardi di dollari.

La caduta di Assad nel dicembre 2024 e la nomina del leader di transizione Ahmad al-Sharaa hanno alimentato un cauto ottimismo sulla possibilità di frenare il traffico. Al-Sharaa ha promesso di smantellare l’industria del Captagon, organizzando pubblici roghi di pillole sequestrate e disponendo la chiusura di diversi laboratori di rilievo; tuttavia, le strutture e le reti che sostenevano la produzione sono rimaste in larga parte intatte.

Piuttosto che scomparire, la filiera si è frammentata: nuovi laboratori, più piccoli e difficili da intercettare, sono comparsi soprattutto nelle regioni orientali e meridionali della Siria; a gestirli sarebbero ex membri del governo e milizie locali, spesso protetti da strutture di potere informali. Le aree di confine, come Daraa e Deir ez-Zor, continuano a rappresentare snodi fondamentali del traffico nonostante l’indebolimento dell’autorità centrale.

La “storia” del Captagon

Introdotto negli anni Sessanta come farmaco a base di fenetillina, il Captagon venne bandito a livello internazionale a causa dei gravi effetti collaterali neurologici e del rischio di dipendenza; le pillole attuali, però, hanno ben poco a che vedere con la formula originaria: sono prodotti sintetici, a basso costo e dall’altissimo margine di guadagno. La compattezza della produzione e la crescente domanda regionale hanno trasformato questa sostanza in una risorsa strategica non solo per economie statali in difficoltà, ma anche per il finanziamento delle milizie e per il crimine organizzato internazionale.

Diversamente da cocaina ed eroina, il Captagon non richiede coltivazioni né raccolti stagionali: si basa su precursori chimici come anfetamine e caffeina, facilmente reperibili sul mercato internazionale e può essere prodotta in laboratori mobili indipendentemente dal contesto geografico. Piccole, inodori e facili da occultare, le pillole costano solo pochi centesimi per essere fabbricate, ma vengono rivendute a prezzi che oscillano tra i 5 ed i 25 dollari in base alla destinazione.

Le caratteristiche farmacologiche contribuiscono ulteriormente al suo successo: stimola la vigilanza, riduce il senso di fame e contrasta l’affaticamento. Nel Golfo Persico trova impiego come sostanza ricreativa o come potenziatore delle prestazioni tra studenti, lavoratori e persino forze di sicurezza. Nei teatri di guerra, come Siria e Libia, viene invece somministrato ai combattenti per accrescere aggressività e resistenza, circostanza che gli è valsa l’appellativo fuorviante di “droga jihadista”.

Il narco-stato di Bashar al-Assad

Durante la presidenza di Bashar al-Assad, la Siria assunse i contorni di un vero e proprio narco-Stato: di fronte alle pesanti sanzioni internazionali, al collasso dell’economia ed all’isolamento diplomatico, il governo trovò nel traffico di stupefacenti una fonte alternativa di sostegno. Fulcro di questa macchina criminale era la Quarta Divisione Corazzata, guidata dal fratello del presidente, Maher al-Assad. L’unità militare, tra le più potenti del Paese, supervisionava gli impianti di produzione, spesso collocati nei pressi di basi strategiche e protetti dall’apparato statale.

Maher Assad (a sinistra) con il fratello Bashar (a destra).
Maher Assad (a sinistra) con il fratello Bashar (a destra).

I porti di Latakia e Tartus emersero come snodi cruciali per l’esportazione: dalle banchine partivano carichi di Captagon nascosti in piastrelle, agrumi o dispositivi elettronici. Il traffico, divenuto strutturale, serviva a finanziare milizie fedeli al governo, alimentare reti clientelari e fornire a Damasco uno strumento di pressione diplomatica. In più occasioni, Assad avrebbe utilizzato la promessa di limitare i flussi di droga come merce di scambio, chiedendo in cambio l’alleggerimento delle sanzioni o una normalizzazione dei rapporti con i Paesi del Golfo.

Il nuovo governo ha annunciato l’intenzione di smantellare il commercio illegale, ma il percorso si presenta irto di ostacoli. All’interno della coalizione guidata da Farouk al-Sharaa, che include ex ribelli, leader tribali e figure legate alla sicurezza, alcuni vedono ancora nei proventi del Captagon una risorsa indispensabile per mantenere un fragile equilibrio. Questo rischia di perpetuare, sotto altra forma, l’economia di guerra che ha segnato la Siria negli ultimi anni.

“Non solo” la Siria: la diffusione globale

La rete del Captagon ha ormai superato i confini siriani, consolidandosi in diversi Paesi della regione ed oltre. In Libano, la valle della Beqaa rappresenta da anni un centro di produzione, dove il commercio è agevolato dall’intreccio tra gruppi criminali e fazioni politiche. Tra questi spicca Hezbollah, accusato di garantire la sicurezza delle rotte e la protezione dei carichi in cambio di ritorni economici o vantaggi strategici.

Un ruolo cruciale è svolto anche dalla Giordania, divenuta corridoio essenziale per i flussi diretti verso i Paesi del Golfo. Le autorità giordane hanno reagito con durezza, adottando regole di ingaggio estreme – tra cui ordini di “sparare per uccidere” – e persino raid aerei contro i centri di smistamento nel sud della Siria. Le violenze lungo il confine riflettono la crescente militarizzazione del fenomeno e la percezione della droga come minaccia alla sicurezza nazionale.

Altri Paesi, tra cui Turchia, Iraq e Libia, svolgono funzioni diverse all’interno della catena del traffico: la Libia, segnata da un vuoto istituzionale, è diventata un nuovo snodo logistico dove la filiera è portata avanti da un mosaico di trafficanti tribali, reti legate agli apparati statali ed organizzazioni criminali consolidate.

Le rotte del Captagon.
Le rotte del Captagon.

Il commercio, tuttavia, non si limita più al Medio Oriente. I sequestri in Europa ne rivelano la diffusione crescente: in Italia sono state bloccate spedizioni industriali contenenti 14 tonnellate di pillole, mentre in Germania le indagini hanno svelato attività di riconfezionamento e parziale produzione, con collegamenti a cittadini di origine siriana e libanese.

La presenza del Captagon sul continente europeo si intreccia con altre economie illecite. Processi avvenuti in città come Aquisgrana e Heidenheim hanno messo in luce legami con il traffico di armi e la contraffazione, mentre le pillole iniziano a comparire anche nei mercati locali, soprattutto tra giovani emarginati e comunità migranti.

Segnali di espansione sono presenti anche in Asia, dove le autorità hanno individuato il Captagon in transito attraverso Malesia e Filippine. Sebbene ancora in quantità ridotte, questi episodi sono interpretati come mosse strategiche dei trafficanti, che mirano a diversificare i mercati di fronte al rafforzamento dei controlli in Europa e nei Paesi del Golfo.

La persistenza del Captagon non è legata soltanto al suo enorme valore economico, ma soprattutto alla sua natura di minaccia “ibrida”, capace di penetrare nei meccanismi statali, nei tessuti sociali ed oltrepassare i confini internazionali.

Conseguenze politiche, sociali e la dimensione transnazionale

Sul piano istituzionale, questa sostanza mina le strutture verticali del potere: corrompe funzionari pubblici, indebolisce i sistemi giudiziari, mette a rischio il controllo delle frontiere e si insinua negli apparati militari e di intelligence. In diversi contesti, dalla Siria al Libano, lo stesso Stato si è trovato non solo vulnerabile, ma in alcuni casi direttamente coinvolto o complice nella gestione del traffico.

Ingenti quantità di Captagon intercettate dalla polizia turca a novembre 2024.
Ingenti quantità di Captagon intercettate dalla polizia turca a novembre 2024.

A livello sociale, il Captagon rappresenta una minaccia orizzontale. Gli effetti sulla salute pubblica, sulla produttività economica e sulla coesione delle comunità sono evidenti. La diffusione della dipendenza, soprattutto tra i giovani, alimenta tensioni e violenza, fenomeni particolarmente marcati nelle aree di confine. A differenza di altre sostanze che colpiscono fasce limitate di popolazione, il Captagon attraversa ogni strato sociale: dai consumatori facoltosi del Golfo fino ai bambini-soldato reclutati nei conflitti.

La dimensione transnazionale rende infine il problema ancora più complesso. Essendo una droga sintetica, il Captagon è facilmente trasportabile e la sua filiera di produzione risulta estremamente adattabile: circola attraverso porti, aeroporti e rotte terrestri, spesso nascosto dietro attività commerciali legali. La rete di distribuzione si intreccia con quella delle organizzazioni criminali internazionali, imponendo una sfida di portata globale e multi-giurisdizionale.

Il Captagon, sottolineano gli analisti, non è soltanto una sostanza stupefacente: rappresenta al tempo stesso il riflesso di fragilità strutturali, opportunismi geopolitici ed ingegno criminale. Ha sostenuto governi impopolari, finanziato milizie e trovato spazio in diverse economie locali. La sua diffusione dimostra come le droghe sintetiche possano alimentare conflitti irregolari, indebolire le istituzioni e destabilizzare intere aree. Per abbattere l’“impero del Captagon”, la risposta dovrà quindi essere altrettanto articolata, coordinata e di lungo periodo.


Riferimenti bibliografici:

  • Dott.ssa in Scienze Internazionali Diplomatiche, Master in “Religioni e Mediazione culturale” e Master in “Antiterrorismo Internazionale”.
    Esperienze formative maturate presso Radio Vaticana e la Camera dei Deputati.
    Dal 2021 al 2023 membro del Comitato di Direzione della Rivista "Coscienza e Libertà", organo di stampa dell’Associazione Internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR).
    Fondatore del blog "Caput Mundi", supervisore sezione "Geopolitica" Nord Africa e Medio Oriente, cura le pubbliche relazioni del sito ed i contatti con l'esterno.
    Redattrice per “Il Talebano” e collaboratrice editoriale presso radio RVS, network hopemedia.it.

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