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Cognitive Warfare: il dominio dove si conquistano le menti

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Poco più di un anno fa, sulla rivista on-line “Start Insight”, è apparso un articolo intitolato: “Cognitive Warfare. Manipolare i numeri per condizionare l’opinione pubblica globale. Come Hamas ha ingannato i media occidentali.”[1]

Nell’articolo viene menzionata la “guerra cognitiva” (c.d. Cognitive Warfare) come strategia moderna in grado di sfruttare tecnologie avanzate e tecniche psicologiche al fine di manipolare la percezione pubblica, superando il tradizionale concetto di disinformazione. Viene citato l’esempio specifico di Hamas, il quale ha adottato tali tattiche per influenzare l’opinione pubblica globale durante il conflitto in corso con Israele. Utilizzando simboli, narrazioni emotive e campagne mediatiche, Hamas ha manipolato le informazioni per ottenere supporto internazionale[2]. Vengono esaminate nello specifico le modalità di manipolazione dei dati sulle vittime del conflitto da parte di Hamas, evidenziando incongruenze statistiche che suggeriscono la falsificazione deliberata per confondere e condizionare la percezione globale degli eventi.

Per provare a capire meglio di cosa si parla quando si ha a che fare con la guerra cognitiva, è utile distinguerla dalla guerra psicologica (c.d. PSYOPS[3]).

La guerra cognitiva è un concetto più ampio di guerra psicologica.

La guerra psicologica si concentra sulle percezioni, i pensieri e i sentimenti per influenzare la psicologia degli attori umani. La guerra cognitiva è invece un concetto che si è evoluto un passo oltre la guerra psicologica, concentrandosi sull’occupazione della cognizione umana per influenzare le azioni umane.

Proviamo a fare un esempio per comprendere meglio questo concetto.

Immaginate un sistema di intelligenza artificiale che sia in grado di analizzare la cronologia dei social media di un soldato in missione. In pochi secondi, dopo aver identificato una vulnerabilità nella presenza di un partner lontano migliaia di chilometri, a costi irrisori, genera un video deepfake[4] di infedeltà coniugale e lo invia al dispositivo del soldato. Un’ora dopo, il soldato – un combattente esperto – viene psicologicamente neutralizzato, arrivando perfino a crollare nel compimento di un atto personale catastrofico (anche autodistruttivo). Questo è lo scenario agghiacciante che può occupare il nuovo campo di battaglia del XXI secolo: la mente umana.

Perciò, quello che la NATO identifica con il termine Cognitive Warfare non è semplicemente una rivisitazione delle operazioni di informazione (c.d. INFO OPS[5]) o una sotto disciplina delle operazioni psicologiche. Ha occupato un dominio tutto suo proprio come la terra, il mare, l’aria, lo spazio, lo spettro elettromagnetico o il cyberspazio. Il suo scopo non è controllare ciò che le persone sanno, ma plasmare il modo in cui lo sanno, alterando il processo di orientamento che sostiene il giudizio e l’azione. Russia e Cina trattano il dominio cognitivo come uno strumento di potere fondamentale: un modo per frammentare le società e ottenere effetti strategici al di sotto della soglia del conflitto armato.

L'intreccio tra scienze militari e tecnologia è sempre più serrato.
L’intreccio tra scienze militari e tecnologia è sempre più serrato.

Il centro di gravità non sono più le armate o il tessuto economico di una nazione, ma la comprensione condivisa della realtà stessa.

La guerra moderna ha dovuto mutare velocemente con l’avvento di tecnologie avanzate, con il coinvolgimento dell’intera società e con l’interconnettività globale. Sempre più persone non sono più in grado di distinguere tra informazioni fondate e manipolate. Le attività dei conflitti odierni non comportano necessariamente una componente cinetica o risultati direttamente tangibili, come l’acquisizione di territori o di risorse, ma spostano gli effetti della guerra cognitiva lungo tutto lo spettro del conflitto, puntando a rimanere in una “zona indefinita” al di sotto della soglia del conflitto armato.

Un esempio attuale: la Russia ha lanciato un’invasione militare cinetica sull’Ucraina, rafforzata enormemente da attività non cinetiche come propaganda mirata, campagne di disinformazione e il supporto dei suoi stati partner. Alcune di queste attività di Guerra Cognitiva non cinetica sono evidenti e dirette: i destinatari di disinformazione di matrice russa subiscono un deterioramento nella loro capacità di distinguere la realtà dalla finzione, con conseguente decadimento della loro resilienza mentale e potenziali conseguenze a lungo termine, come la perdita di fiducia nei media.

Un centro di comando che si avvale di moderne tecnologie.
Un centro di comando che si avvale di moderne tecnologie.

Dall’inizio dell’invasione, anche quando le operazioni cinetiche russe andavano sempre peggio per le truppe di Mosca, la Russia dedicava (e lo fa tutt’oggi) gran parte degli sforzi di disinformazione nel cercare di convincere l’opinione pubblica occidentale che aiutare l’Ucraina era “inutile” perché la vittoria della Russia sarebbe stata “inevitabile”. L’end state era piegare la capacità di giudizio di più persone possibili, al fine di influenzare le classi politiche dei paesi occidentali all’inutilità del sostegno al paese invaso.

Ma le fondamenta di queste operazioni cognitive sono state gettate molto prima di quanto pensiamo.

Molto prima dell’annessione della Crimea nel 2014 o dell’invasione del 2022, la Russia ha seminato narrazioni separatiste nell’Ucraina orientale e meridionale, creando presupposti per vulnerabilità che avrebbero potuto essere sfruttate in seguito.

A seguito dell’invasione, la Russia ha iniziato a combinare menzogne palesi (il massacro di Bucha liquidato come una “messa in scena”[6]), false letture della realtà (l’Ucraina incolpata della distruzione della diga di Kakhovka[7]) e azioni minacciose (continui ricatti nucleari, fantomatici imminenti attacchi missilistici all’Europa) per generare caos concettuale.

L’obiettivo non è la persuasione, ma il disorientamento totale.

Questo approccio affonda le sue radici nel concetto sovietico di controllo riflessivo[8]: fornire dati distorti ad un avversario in modo che prenda decisioni favorevoli all’attaccante.

Oggi è tutto ancora più complicato per via del potenziamento della tecnologia. Gli algoritmi basati sull’attenzione come quelli alla base di TikTok, Facebook e Instagram, distribuiscono contenuti non in base alla credibilità, ma all’impatto emotivo. Materiali scioccanti o divisivi vengono propinati al pubblico più vulnerabile, aggirando i tradizionali filtri di fiducia e reputazione. In questo sistema, gli avversari possono iniettare deepfake e contenuti generati dall’intelligenza artificiale.

La loro “forza” risiede nel corrodere l’idea stessa di verità.

Se qualcosa può essere falsificato, allora qualsiasi cosa sconveniente può essere liquidata come falsa.

Se ci fermiamo a riflettere su questo ultimo punto appare chiaro come la guerra cognitiva non è un mezzo con cui si porta avanti un conflitto: è il conflitto stesso. Il cervello è sia il bersaglio che l’arma nella lotta per la superiorità cognitiva. Lo scontro su questo campo di battaglia comprende sia attività militari che non militari, molto spesso sincronizzate, che sono progettate per ottenere, mantenere e proteggere il vantaggio cognitivo sull’avversario.

La guerra cognitiva si concentra sulla degradazione della razionalità delle menti che vuole influenzare, indebolendone progressivamente le capacità di giudizio e di analisi critica.

Le operazioni russe sui social media e di (dis)informazione pubblica hanno preso di mira gran parte della comunità internazionale nel tentativo di etichettare l’Ucraina come colpevole dell’aggressione subita. Attraverso una combinazione di tecniche di comunicazione, fake news e manipolazione delle percezioni, la Russia mira a influenzare l’opinione pubblica, nonché a indebolire la fiducia del pubblico verso le fonti di informazione aperte.

Le molteplici sfaccettature della guerra cognitiva.
Le molteplici sfaccettature della guerra cognitiva.

La Cina, concorrente strategico della NATO, all’interno dello spettro della guerra cognitiva, ha compiuto un passo ancora più oltre questo concetto.

Recentemente, su Defense One (DO), un sito di notizie online che riporta principalmente questioni relative alla difesa e alla sicurezza nazionale statunitense, è apparso un illuminante articolo dal titolo “China Gears Up for Cognitive Warfare”[9] dove viene spiegato come, all’interno dell’esercito cinese, considerino la psicologia del combattimento in grado di influenzare la capacità di azione del singolo combattente. L’Intelligent Psychological Monitoring System, un braccialetto con sensori intelligenti sviluppato dal Ministero della Difesa di Pechino, si concentra sulla registrazione delle informazioni facciali, dei cambiamenti emotivi e degli stati psicologici dei soldati per determinarne lo stato di combattimento. Questo tipo di informazioni danno la misura dell’importanza che anche la Cina ha assegnato alla superiorità nel dominio cognitivo.

Mentre ci avviciniamo all’anniversario del quarto anno dell’invasione russa dell’Ucraina, gli obiettivi di Putin non sono cambiati, nonostante oltre un milione di vittime (morti e feriti). La guerra riguarda sempre di più l’idea di Putin della Russia e del suo posto nel mondo. In questa visione del mondo, non c’è posto per un’Ucraina indipendente e democratica[10]. Putin vede la Russia e l’Occidente come nemici. La Russia ha investito molto in strumenti per distrarre, deviare e dividere gli oppositori. L’obiettivo è quello di minare la capacità e la volontà di distinguere tra fatti e menzogne. Può essere più efficace seminare dubbio e paura piuttosto che persuadere le persone a credere in qualcosa.

Oggi più che mai i conflitti riguardano ciò che accade nella mente delle persone.

Il cognitive warfare come "battaglia della mente".
Il cognitive warfare come “battaglia della mente”.

Tutti i paesi utilizzano narrazioni pubbliche per raggiungere obiettivi strategici. Ma la guerra cognitiva riguarda la distorsione dei fatti per sopraffare un avversario. L’Alleanza lo definisce come “la manipolazione dell’intera società…progettata per modificare le percezioni della realtà attraverso attività che influenzano atteggiamenti e comportamenti[11].

L’Allied Command for Transformation (ACT) di Norfolk (VA), ente della NATO preposto allo sviluppo e all’aggiornamento del pensiero strategico dell’alleanza, ha il compito di istruire, proteggere e preparare le forze NATO sul tema della guerra cognitiva, fornendo indicazioni sulla consapevolezza, la cooperazione civile-militare, la resilienza sociale e la condivisione dei dati per le valutazioni di sicurezza attuali e future dell’Alleanza[12].

Formare le nazioni dell’Alleanza alla comprensione di definizioni, rischi e potenzialità della guerra cognitiva, consente un migliore processo decisionale a livello militare e politico, migliorando le capacità militari correlate e la sicurezza complessiva della NATO.

Ma nell’era di Internet, le informazioni si muovono rapidamente, a basso costo e con pochissima responsabilità. Quando le falsità vengono propagate, il danno è fatto nel momento stesso in cui vengono lette o percepite.

Come possiamo difenderci da questo?

Smascherando ciò che viene costruito dai nostri avversari e rafforzando le nostre istituzioni pubbliche. La guerra cognitiva cerca di minare la fiducia in loro.

Fiducia che è molto difficile da costruire e fin troppo facile da perdere.


Note e riferimenti bibliografici:

[1] https://www.startinsight.eu/cognitive-warfare-manipolare-i-numeri-per-condizionare-lopinione-pubblica-globale-come-hamas-ha-ingannato-i-media-occidentali/

[2] https://henryjacksonsociety.org/publications/questionable-counting/

[3] Le PSYOPS sono operazioni pianificate per trasmettere informazioni selezionate a un pubblico mirato per influenzare atteggiamenti e comportamenti di governi, organizzazioni, gruppi e individui. Per raggiungere questo obiettivo, le PSYOPS devono avere una missione chiaramente definita e la capacità di condurre analisi approfondite, valutare il pubblico o i destinatari appropriati e misurare la loro efficacia sul pubblico mirato rispetto alla missione e/o alla linea operativa del comandante supportato. Inoltre, le PSYOPS possono essere impiegate per raccogliere informazioni per migliorare la consapevolezza della situazione, minare le PSYOPS ostili e migliorare le capacità della propria forza.

[4] Il deepfake è una tecnica per la sintesi dell’immagine umana fondata sull’intelligenza artificiale, usata per combinare e sovrapporre immagini e video esistenti con video o immagini originali con una tecnica di apprendimento automatico, conosciuta come rete antagonista generativa.

[5] Le operazioni di informazione sono una categoria di operazioni di supporto diretto e indiretto. Secondo la definizione nella pubblicazione congiunta 3-13, sono descritte come l’impiego integrato di guerra elettronica (EW), operazioni di rete informatica (CNO), operazioni psicologiche (PSYOP), inganno militare (MILDEC) e operazioni di sicurezza (OPSEC), di concerto con specifiche capacità di supporto e correlate.

[6] https://www.vignaclarablog.it/20231223135840/ucraina-zakharova-a-bucha-e-stata-una-messa-in-scena/

[7] https://www.repubblica.it/esteri/2023/06/07/news/diga_kakhovka_responsabilita_allagamento_russia_ucraina-403502613/

[8] https://www.limesonline.com/limesplus/maskirovka-o-della-guerra-psicologica-russa-contro-l-ucraina-14712902/

[9] https://www.defenseone.com/ideas/2023/04/china-gears-cognitive-warfare/384876/

[10] https://www.tempi.it/putin-il-terribile-sogna-una-russia-al-centro-del-nuovo-ordine-mondiale/

[11] https://www.act.nato.int/activities/cognitive-warfare/

[12] https://www.act.nato.int/wp-content/uploads/2025/09/20250819_NU_CogWar_01.pdf

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