Siria – Russia: nel post Assad persistono le solide alleanze
Post Assad
La fine del governo di Bashar al-Assad in Siria era stata inizialmente percepita come un grave contraccolpo per la Russia: la caduta di un alleato storico aveva infatti indebolito la presenza di Mosca nel Paese e, più in generale, il suo ruolo strategico in Africa, dove i mercenari russi operavano attivamente nei settori economico e della sicurezza.
A distanza di dieci mesi dal rovesciamento della dinastia Assad da parte dei ribelli legati alla galassia jihadista, i rapporti tra Damasco e Mosca sembrano avviarsi verso una graduale normalizzazione. La Russia, sfruttando con abilità le divergenze tra i vari attori regionali e mantenendo la posizione di principale fornitore di armamenti al Paese mediorientale, è riuscita a recuperare parte della propria influenza. Tra i risultati più significativi, il mantenimento dell’accesso a tre basi militari strategiche.
Durante il decennio di alleanza con Assad, l’influenza russa si era consolidata al punto da costituire un elemento di deterrenza verso le operazioni militari israeliane in territorio siriano. Oggi, quel ruolo potrebbe tornare ad assumere un peso rilevante nel nuovo scenario politico.
Gli incontri preliminari e la visita a Mosca
Il 15 ottobre il presidente siriano Ahmed al-Sharaa si è recato a Mosca per la sua prima visita ufficiale da quando ha assunto la guida del Paese: in un intervento televisivo, ha dichiarato al presidente russo Vladimir Putin l’intenzione di ricostruire e ridefinire in modo nuovo le relazioni bilaterali, puntando a una Siria indipendente, sovrana e territorialmente integra. Putin, dal canto suo, ha ricordato i lunghi decenni di relazioni speciali tra i due Paesi e ha espresso la volontà di rafforzare ulteriormente la cooperazione.

L’incontro è stato preceduto, il 2 ottobre, da colloqui a Damasco tra funzionari della difesa siriani ed una delegazione militare russa guidata dal contrammiraglio Oleg Viktorovich Kornibenko. L’iniziativa ha lasciato intendere la volontà siriana di rilanciare la collaborazione con Mosca anche attraverso programmi di scambio di competenze nel settore militare.
Un mese prima, all’inizio di settembre, un’altra delegazione russa di alto livello — guidata dal vicepremier Alexander Novak — aveva visitato Damasco. Secondo i media russi, il governo siriano avrebbe espresso interesse per un’eventuale ricognizione delle province meridionali da parte della polizia militare russa, con l’obiettivo di scoraggiare ulteriori incursioni israeliane. Alcune fonti hanno riferito come Mosca avrebbe ripreso le attività di pattugliamento nei pressi della città nordorientale di al-Qamishli, dove recentemente si sono verificati scontri tra forze siriane e curde.
L’intesa economica
In primavera, la cooperazione si è estesa anche al piano economico: la Russia ha fornito a Damasco petrolio e grano, oltre a riprendere la stampa di banconote siriane; le attività sono seguite alla visita a Mosca del ministro degli Esteri Asad al-Shibani ed a una telefonata tra Putin ed il presidente al-Sharaa avvenuta nel mese di febbraio.
Il recente riavvicinamento diplomatico consentirà con ogni probabilità alla Russia di mantenere una presenza, seppur ridotta, nelle sue principali basi militari in Siria: la base aerea di Hmeimim, il porto di Tartous e l’aeroporto di Qamishli, nel nord-est del Paese; ciò permetterà a Mosca di preservare la propria influenza strategica nel Mediterraneo orientale.
L’influenza di Israele sulle scelte della diplomazia siriana
Secondo osservatori regionali, Damasco starebbe cercando un sostegno più deciso da parte della Russia anche per contenere l’attività militare israeliana che, da dicembre 2024, controlla alcune aree del sud della Siria e continua a condurre operazioni sul territorio, tra cui il bombardamento del ministero della Difesa a Damasco avvenuto a luglio.
Il calcolo politico di Damasco nasce dal timore che Israele, dopo aver indebolito Hamas e Hezbollah ed intensificato le azioni contro l’Iran negli ultimi due anni, voglia mantenere la Siria in una condizione di fragilità, impedendole di riacquisire il controllo dell’intero territorio nazionale. Sebbene l’ostilità tra i due Paesi sia di lunga data, Tel Aviv ha sempre potuto contare su una leadership siriana prevedibile sotto la dinastia Assad. La nuova dirigenza, invece, proveniente dall’ambiente jihadista, viene vista come un potenziale avversario più ideologico e determinato. Israele, inoltre, mira a tutelare la comunità drusa siriana, una minoranza religiosa che ha un ruolo significativo anche all’interno delle proprie forze armate.
L’influenza della Turchia ed i paesi “arabi”
In modo paradossale, queste stesse preoccupazioni hanno spinto Israele a non osteggiare apertamente la permanenza militare russa in Siria, ritenendo Mosca un utile contrappeso all’espansione dell’influenza turca. Ankara, infatti, ha sostenuto il gruppo Hayat Tahrir al-Sham, protagonista della rivolta che ha rovesciato il governo di Assad, e dall’inizio del 2025 ha rafforzato la cooperazione con il nuovo governo siriano, con l’obiettivo di favorire il rimpatrio dei rifugiati e limitare le aspirazioni dei curdi. Allo stesso tempo, la Turchia considera la Russia un elemento utile a contenere Israele che mirerebbe a stabilire un corridoio verso le aree curde nel nord-est della Siria. Ankara punta, inoltre, a riequilibrare il peso dei ricchi stati arabi, in particolare dell’Arabia Saudita, sull’attuale leadership di Damasco.
Anche diversi paesi arabi vedono di buon occhio il mantenimento di una presenza russa in Siria, ritenendo che Mosca possa controbilanciare Israele, considerato sempre più aggressivo dopo il bombardamento del Qatar dello scorso settembre, fallito tentativo di eliminare esponenti di Hamas. Tra questi, l’Arabia Saudita si è affermata come uno dei principali sostenitori della nuova classe dirigente siriana e della sua reintegrazione nelle istituzioni economiche e politiche regionali.
Le Forze Democratiche Siriane (SDF)
Un’ulteriore voce favorevole alla permanenza russa è quella delle Forze Democratiche Siriane (SDF), coalizione a guida curda appoggiata dagli Stati Uniti che nel 2015 contribuì in modo decisivo alla sconfitta dello Stato Islamico. Dalla fine del 2024, le SDF subiscono forti pressioni da parte turca per disarmarsi o confluire nelle forze regolari siriane, perdendo così l’autonomia di fatto finora mantenuta. In questo contesto, la Russia è vista dalle milizie curde come un possibile fattore di equilibrio, capace di limitare le ambizioni sia di Damasco sia di Ankara, soprattutto in caso di un eventuale ritiro delle truppe statunitensi dal Paese.

La Siria, nel tentativo di riaffermarsi sulla scena internazionale, sta rinnovando e persino ampliando i propri rapporti con la Russia, nel segno di una strategia volta a mostrare a Occidente ed ai Paesi arabi di disporre di alternative concrete sia in campo militare che economico. Sebbene Mosca non rappresenti un alleato imprescindibile, è riuscita a mantenere un ruolo di equilibrio tra attori regionali spesso in contrasto come Turchia, Israele, Damasco e le Forze Democratiche Siriane (SDF). Alla luce della frammentazione che continuerà probabilmente a caratterizzare la Siria nel prossimo futuro, la presenza russa appare inevitabile.
Possibili scenari
È improbabile che la Russia riesca a recuperare l’influenza esercitata in passato sul Paese. Alcuni recenti rapporti segnalano la possibilità di un nuovo dispiegamento di risorse militari turche nella provincia orientale di Aleppo, oltre a piani di Ankara per l’apertura di ulteriori basi in territorio siriano. La competizione per l’influenza su Damasco si inserisce così in un contesto più ampio di rivalità tra Ankara e Mosca, che si estende dal teatro libico fino al Caucaso meridionale.
Il sostegno finanziario proveniente dai Paesi del Golfo rimarrà essenziale per qualsiasi progetto di ricostruzione in Siria, un ambito in cui la Russia, impegnata militarmente in Ucraina, difficilmente potrà competere. In questo quadro, mentre Damasco persegue una politica estera improntata al pragmatismo ed alla diversificazione dei partner, la Russia sembra destinata a passare da potenza dominante ad uno dei numerosi attori internazionali impegnati ad esercitare un’influenza parziale su un Paese ancora alla ricerca di stabilità dopo oltre dieci anni di conflitto civile.
Riferimenti bibliografici:
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- https://ilcaffegeopolitico.net/999008/2-il-futuro-incerto-della-base-navale-di-tartus-le-implicazioni-per-la-russia
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- https://www.notiziegeopolitiche.net/siria-lalleanza-con-la-russia-resiste-tra-nuove-fragilita-geopolitiche/
- https://www.notiziegeopolitiche.net/siria-al-shibani-vede-putin-il-difficile-equilibrio-della-nuova-diplomazia-di-damasco/
- https://iari.site/2025/10/05/siria-russia-2025-la-diplomazia-che-ridefinisce-le-basi/


 
			 
                                                             
							
 
							 
							
 
							 
							 
							