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Liguria sommersa: archeologia subacquea da Levante a Ponente

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Prosegue il nostro viaggio affascinante sui fondali liguri, tra archeologia, storia, ambiente e cultura.

Il Naufragio del “Santo Spirito” a Porto Pidocchio 

Nel tardo pomeriggio del 29 ottobre 1579, una violenta mareggiata di Libeccio spinse il veliero mercantile “Santo Spirito – Santa Maria di Loreto” a schiantarsi contro la scogliera tra Camogli e Punta Chiappa. La nave, che si stima fosse la più grande a solcare il Mediterraneo occidentale in quel periodo, era salpata da Genova il giorno prima e stava cercando riparo dal fortunale. A causa di un’epidemia di peste che aveva ridotto l’equipaggio, le operazioni di carico erano state rallentate, e la nave si trovava ancora in acque liguri.

Nonostante il naufragio, l’equipaggio riuscì a mettersi in salvo grazie all’aiuto degli abitanti di Ruta e San Rocco. Questi coraggiosi contadini, scendendo verso il mare e lanciando delle funi, salvarono tutti i naufraghi, esponendosi consapevolmente al rischio di contagio dalla peste, che fortunatamente non si verificò.

Il carico della nave comprendeva cinque grossi cannoni di bronzo e 14 tonnellate di chiodi per costruzioni navali, destinati al vicereame di Napoli. Un incaricato dell’ambasciatore spagnolo si attivò subito per recuperare i cannoni, ingaggiando i “margoni”, subacquei locali specializzati nell’immersione in apnea. Il relitto giaceva a circa 8 metri di profondità, e il contratto per il recupero prevedeva un compenso di 30 Scudi d’oro per ogni cannone riportato a riva. Anche se non si hanno notizie del recupero di questi specifici cannoni, i documenti mostrano che la stessa compagnia di “margoni” recuperò altri tredici cannoni di bordo, venduti per un totale di 9.174 Lire.

Il relitto del “Santo Spirito”, oggi noto anche come “Iveglia”, si trova a 50 metri di profondità a Porto Pidocchio, all’interno dell’Area Marina Protetta di Portofino. Alcune parti della struttura lignea dello scafo si sono conservate, permettendo agli archeologi di studiare le tecniche costruttive navali del XVII secolo.

Gli Scavi:

Il sito è sostanzialmente coperto da materiale di epoche successive derivante dalle opere per realizzare degli ormeggi alle barche, qundi ancore , catene ed ogni genere di materiale, il tutto a 50mt di profondità . Fummo aiutati da una ditta di lavori subacquei con il loro rimorchiatore , dai carabinieri subacquei e dai subacquei che avevano individuato i resti del relitto. La profondita non consente lunghe permanenze per cui ad esempio noi facevamo circa 20- 25 minuti di fondo che sommati ai minuti di decompressione totalizzavano piu di un ora di immersione. Riuscimmo ad evidenziare la struttura lignea che ci sembro coerente con il relitto ma purtroppo non trovammo cannoni.

  • Rimorchiatore "Mexico"
  • Testa della sorbona
  • Crivello usato per setacciare
Disegno ricavato dalle misurazioni.
Disegno ricavato dalle misurazioni.

Le Ancore: 

Le ancore, erano essenziali per l’attracco forse sono state individuate in una posizione poco distante , compatibile al naufragio e di dimensioni coerenti alla nave.

Fruizione:

  • Punto di immersione: Il relitto giace a una profondità di 50 mt ma essendo in zona di ormeggi e data la contaminazione nel fondale non è un immersione significativa dal punto di vista turistico

Il Relitto dei Dolia di Diano Marina: Un Gigante del Trasporto Vinario

Al largo della costa di Diano Marina, in provincia di Imperia, giace uno dei relitti più  affascinanti dell’archeologia subacquea ligure: il Relitto dei Dolia. Questa nave romana, naufragata in un’epoca cruciale per i commerci mediterranei, è unica per il suo eccezionale carico di grandi contenitori ceramici, i dolia, che ci raccontano una storia di trasporto del vino su scala industriale.

Scoperta e Contesto Storico:

Il relitto è stato individuato nel 1973 da subacquei del Centro Archeologico Ligure, a una profondità di circa 45-50 metri. La sua scoperta ha immediatamente rivelato la straordinaria natura del suo carico, distinguendolo da altri relitti romani con anfore.

Il naufragio è avvenuto nel I secolo d.C., un periodo di massima espansione dell’Impero Romano. In questa fase, il trasporto marittimo di derrate alimentari, in particolare vino e olio. Le navi come quella dei Dolia erano vere e proprie petroliere dell’antichità, capaci di muovere volumi colossali di prodotti.

Le Caratteristiche della Nave e del Naufragio:

Si trattava di una nave oneraria romana , una tipologia robusta e capiente adatta al trasporto di carichi pesanti e voluminosi.

La causa del naufragio è verosimilmente legata a una violenta tempesta, che colse l’imbarcazione a poca distanza dalla costa.

Il Carico Eccezionale: I Dolia:

Il tratto distintivo di questo relitto è il suo carico di  dolia, grandi vasi in terracotta dalla forma globulare, con un’altezza che poteva superare i 2 metri e una capacità di oltre 1.000-1.500 litri ciascuno. Erano l’equivalente antico delle moderne cisterne per liquidi.

  • Funzione: I dolia erano utilizzati per il trasporto del vino (ma anche olio o cereali) sfuso, direttamente dal luogo di produzione ai porti di destinazione. Una volta arrivati, il vino veniva travasato in anfore più piccole o direttamente venduto.
  • Vantaggi: Il trasporto in dolia permetteva di ottimizzare lo spazio a bordo e ridurre il peso dei contenitori rispetto a un eguale volume di anfore, pur essendo estremamente vulnerabili in caso di naufragio a causa della loro fragilità e dell’enorme peso a pieno carico.

Allestimento del museo di imperia

L’Importanza Archeologica:

Il Relitto dei Dolia di Diano Marina è fondamentale per diverse ragioni:

  • Documentazione unica: È uno dei pochi relitti con un carico quasi esclusivo di dolia , fornendo dati cruciali sulle tecniche di stivaggio e trasporto di questi enormi contenitori.
  • Economia vinaria romana: Offre uno spaccato dettagliato sull’organizzazione dell’industria vinicola e sul commercio del vino sfuso nell’Impero Romano.

Fruizione e Tutela:

Il carico del relitto è stato asportato ed è conservato al museo navale di Imperia dove è stato riprodotto il contesto di ritrovamento.

Vado Ligure: Un Porto Antico svelato dagli Scavi

Vado Ligure, l’antica Vada Sabatia, è stata un insediamento di grande importanza in epoca romana e medievale. La sua rada naturale ha sempre rappresentato un approdo strategico lungo le coste liguri. Per questo motivo, gli scavi archeologici qui non si limitano al ritrovamento di un singolo relitto, ma riguardano un’ampia porzione del fondale portuale antico e delle sue immediate vicinanze, venendo alla luce in occasione di grandi lavori infrastrutturali nel contesto di indagini di archeologia Preventiva

L’Importanza Storica di Vada Sabatia:

  • Origini: Vado Ligure ha radici profonde che risalgono all’età romana. Vada Sabatia era un fiorente municipium romano e un nodo cruciale nel sistema viario e commerciale. Da qui partivano vie consolari che collegavano la costa con l’entroterra e altre regioni d’Italia.
  • Ruolo portuale: Il suo porto naturale la rendeva un punto di interscambio fondamentale per merci e persone, con collegamenti sia terrestri che marittimi. Questo ha comportato un’intensa frequentazione del bacino portuale nel corso dei secoli.

La zona è stata oggetto di un importante opera marittima che comprendeva anche la dismissione di opere preesistenti. La presenza di quantità interessanti di materiali era gia nota , basti pensare che durante le  ispezioni periodiche che effettuavamo nello scavo sul fondale provocate dall’elica della  nave carboniera che portava il carbone alla centrale elettrica di vado ligure; trovavamo reperti di diverse epoche a seconda della profondità. Fu organizzato quindi uno scavo di approfondimento tradizionale piu una serie di saggi su tutta l’area.

Che a causa della scarsissima visibilità furono notevolmente complessi soprattutto per fase di rilievo fotografico

 nel seguente link l’autore sta montando un telaio di alluminio con una slitta dove posizionare l’apparato fotografico per operare senza muovere sedimento, si può vedere la regolazione dei piedini per mettere in bolla il telaio.

  • Concentrazione di reperti: La rada di Vado è nota per l’alta concentrazione di rinvenimenti archeologici diffusi. Questo indica che non si tratta solo di navi naufragate, ma anche di oggetti perduti, scarichi portuali e strutture sommerse legate alle attività quotidiane del porto.
  • Tecniche di scavo: Gli scavi a Vado Ligure hanno fatto ricorso a tecniche innovative, come l’uso di draghe  dotate di sistemi GPS per la georeferenziazione precisa dei punti di scavo, e la costante presenza di archeologi a bordo per il recupero e l’analisi dei materiali. Sono stati eseguiti sondaggi a mezzo draga per ricostruire la stratigrafia sedimentaria.

Cosa è stato Trovato: 

Gli scavi a Vado Ligure hanno portato alla luce una vasta gamma di reperti che documentano la vita portuale e i commerci dall’epoca romana al Medioevo e oltre:

  • Ceramiche: Numerosi frammenti di anfore, ceramica comune (da cucina e da mensa), sigillate (ceramica fine da tavola) e altri manufatti ceramici, che permettono di tracciare i flussi commerciali e le abitudini alimentari e di consumo. La loro distribuzione aiuta a mappare le diverse aree funzionali del porto.

Importanza per la Comprensione della Liguria Antica: 

Gli scavi di Vado Ligure, sono fondamentali per:

  • Ricostruire la topografia antica: Permettono di comprendere l’estensione e l’organizzazione dell’antico Portus Vadorum.
  • Analizzare i flussi commerciali: Le analisi dei reperti ceramici consentono di ricostruire le reti di commercio, le origini e le destinazioni delle merci che transitavano nel porto.
  • Comprendere l’evoluzione del paesaggio costiero: Gli studi stratigrafici aiutano a capire come il livello del mare e la morfologia costiera siano cambiati nel tempo, come ad esempio nella stratigrafia si potevano distinguere strati di materiale diverso ad intervalli abbastanza regolari che hanno permesso di determinare la frequenza delle alluvioni  della zona

Il sito di San Clemente nel fiume Centa ad Albenga

Qui, nella suburbio dell’antica Albingaunum, sorgevano le antiche terme romane (I secolo d.C.); qui, nel 2001, durante i lavori di allargamento dell’alveo del Centa è riaffiorato un complesso paleocristiano con la basilica medievale di San Clemente; a seguito di un alluvione la fonte battesimale crollo nel fiume  e il nostro servizio fu incaricato di capire cosa era successo sott’acqua che determinasse quell crollo.Con grande sorpresa scoprimmo che il complesso era costruito su di una struttura palificata come si costruiva nelle paludi ,cosa insolita in liguria.

Il sito di San Clemente.

Furono prelevati sezioni di pali per determinare eta ed essenza. In seguito operammo un riempimento di sacchi sabia negli spazi sotto I blocchi di cemento palificati che ora erano esposti.

Infine sono stati eseguiti lavori di consolidamento piu organici che si spera proteggano il sito da future alluvioni

La Localizzazione e la Natura del Sito:

Il sito archeologico si trova all’interno del letto del fiume Centa, proprio in corrispondenza dell’abitato di Albenga visibile dal ponte che attraversa il fiume Centa.

  • Attualmente funzionario per le tecnologie del Ministero della Cultura, diver supervisor dei subacquei dello STAS (Servizio Tecnico per l'Archeologia subacquea della Liguria).
    Laurea Specialistica in "Educazione degli adulti e formazione continua" Universita di Genova, Commercial Diver (palombaro civile) e formatore degli istruttori subacquei anche per immersioni tecniche (uso di miscele respiratorie diverse dall'aria per immersioni profonde).
    Formatore di soccorso in acqua, elisoccorso e subacqueo.
    Primo capitano nella Brigata Paracadutisti Folgore con diverse missioni all'estero, per il Corpo Militare della CRI, formatore alle forze armate di MINE RISK EDUCATION ed assistenza sanitaria per incidenti da esplosioni.
    In qualità di operatore umanitario è stato logista in Somalia per l'ONG INTERSOS dove ha fatto parte del primo nucleo di sminatori umanitari Italiano.
    In ambito sportivo ex agonista di pallanuoto (due secondi posti campionato italiano under 18), membro della nazionale italiana militare per la competizione internazionale BOESELAGER CUP (gara di pattuglie esploranti internazionale) 4° posto nella NATO.
    Autore del libro "Uscita di sicurezza", vincitore di diversi riconoscimenti per romanzi.

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