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GERD: Grande Diga del Rinascimento (e della discordia)

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Le condizioni di “partenza”

Un lungo ed acceso dibattito si consuma da tempo in Egitto in merito alla costruzione di una diga in Etiopia capace di variare i volumi d’acqua del Nilo.

La costruzione della diga è stata affidata ad un’azienda italiana (Salini Impregilo) ed i lavori sono iniziati nel 2011, approfittando del caos generato dalle Primavere Arabe. L’intento dell’Etiopia è quello di poter sostenere importanti progetti di sviluppo industriale ed economico, di diventare esportatrice, ma soprattutto di poter fornire energia elettrica a quei due terzi di cittadini che tutt’ora non possono usufruirne.

Il problema è che tale diga ha la capacità di compromettere i volumi d’acqua del Nilo e l’Egitto, che si affida al fiume per circa il 90% del proprio approvvigionamento idrico, ne subirebbe un danno enorme. Questa criticità ha forti radici storiche poiché, quando nel 1959 il Regno Unito, il Sudan e l’Egitto stipularono degli accordi circa la spartizione delle acque, ignorarono completamente le istanze ed esigenze dei paesi limitrofi. I cambiamenti climatici hanno ulteriormente ampliato il dissidio in quanto l’Egitto ha continuato a sostenere la validità degli accordi dato che altri paesi africani (Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Ruanda, Sud Sudan, Tanzania, Uganda e l’Eritrea) hanno precipitazioni piovose più consistenti. A ciò è stato ribattuto che tale assunto non ha più ragione d’esistere perché il surriscaldamento globale ha inciso su tale variante. Nel 2015 Il Cairo, Khartoum ed Addis Abeba hanno siglato un accordo che impegnava gli stati a non intraprendere iniziative unilaterali in merito all’utilizzo delle acque del Nilo.

La posizione della GERD, in Etiopia, lungo il percorso del Nilo Blu, che confluisce in Sudan con il Nilo Bianco a formare il fiume Nilo, che attraversa da sud a nord tutto l'Egitto.
La posizione della GERD, in Etiopia, lungo il percorso del Nilo Blu, che confluisce in Sudan con il Nilo Bianco a formare il fiume Nilo, che attraversa da sud a nord tutto l’Egitto.

A tutto ciò si aggiunge una dichiarazione “patriottica” di Addis Abeba che ha suscitato malcontento internazionale: “la diga etiope per gli etiopi”. Il governo di Al Sisi ha prontamente risposto di essere disponibile anche all’uso della forza in caso di violazioni dei trattati vigenti.

In tutto ciò si staglia prepotentemente il tema dei finanziamenti: le sovvenzioni alla diga provengono da sottoscrizioni e tasse etiopi, ma la Cina nel 2013 ha anticipato 1,3 miliardi di dollari per sostenere il progetto e due aziende cinesi sono state coinvolte nell’effettiva realizzazione (China Gezhouba Group e Voith Hydro Shanghai). È importante inoltre ricordare che la Cina è il principale investitore estero su suolo etiope, ma sostiene economicamente grandi progetti anche in un altro paese danneggiato dalla diga, il Sudan, grazie alla China Harbour Engineering che supporta le attività di Belt and Road Initiative (sono stati investiti circa 141 milioni di dollari nel porto di Haidob, Mar Rosso). L’Egitto si è impegnato in importanti opere di edilizia pubblica nelle zone periferiche della capitale e circa l’85% dei finanziamenti sono stati forniti da banche cinesi che hanno garantito appalti importanti.

Il 21 febbraio 2022 il premier etiope Abiy Ahmed ha ufficializzato la messa in funzione della diga anche se l’effettivo completamento del bacino idrico è stimato per il 2028. L’Unione africana e le Nazioni Unite hanno intavolato negoziazioni per affrontare il problema, ma senza raggiungere risultati concreti. L’influenza russa sta gradualmente ma incessantemente aumentando in tutto il continente africano e nulla impedisce di ipotizzare che la Russia possa tentare di trarre vantaggio da questa situazione di forte incertezza. Se non affrontato con la massima serietà dall’Occidente e dall’Italia il “problema-Gerd” può tramutarsi in un ennesimo boomerang economico e diplomatico per tutto il vecchio continente.

La Diga: avanzamento dei lavori e ripercussioni regionali

Il Cairo continua ad opporsi all’avanzata etiope sul progetto della GERD, insistendo sulla necessità di un accordo vincolante. Per l’Egitto, il Nilo non è soltanto una risorsa naturale, ma la linfa vitale che garantisce la sopravvivenza del Paese. Da questa consapevolezza deriva una strategia a più livelli, che combina diplomazia, cooperazione militare, sviluppo economico e costruzione di alleanze su scala africana.

Una recente immagine della GERD.
Una recente immagine della GERD.

In questo contesto, la recente visita al Cairo del presidente ugandese Yoweri Museveni ha evidenziato l’importanza attribuita dall’Egitto a Kampala come interlocutore privilegiato. L’Uganda, storicamente coinvolta nelle vicende legate al Nilo, presiede infatti il comitato tecnico che riunisce sette Paesi del bacino orientale ed equatoriale, un ruolo che potrebbe rivelarsi decisivo nel contenere le ambizioni etiopi, non solo sulla GERD ma anche su future infrastrutture idriche.

Da parte sua, Addis Abeba presenta la posizione egiziana come un ostacolo allo sviluppo, una narrazione che ha trovato consensi presso diversi attori regionali ed internazionali. Il Cairo respinge tali accuse, affermando di non essere contrario ai progressi dei Paesi vicini, purché questi non mettano a rischio il flusso vitale del fiume. Per rafforzare la propria credibilità, l’Egitto ha avviato investimenti in desalinizzazione, riciclo delle acque reflue e riduzione delle colture idrovore. Tali misure, tuttavia, hanno comportato costi finanziari ingenti, raramente riconosciuti da parte etiope.

La crisi si è ormai estesa oltre la questione idrica. Negli ultimi anni, Il Cairo ha intensificato i legami con Somalia, Eritrea, Sudan, Ruanda e Tanzania, costruendo una rete di cooperazione che spazia dalla sicurezza all’intelligence, fino al contrasto del terrorismo. Questa strategia mira da un lato a contenere l’Etiopia, dall’altro ad inquadrare la disputa sul Nilo all’interno di una più ampia dinamica di sicurezza regionale. L’obiettivo di Al-Sisi resta quello di evitare scenari estremi, dal rischio di inondazioni in Sudan fino all’eventualità di un conflitto armato.

Anche la dimensione geopolitica internazionale pesa sul dossier. Il presidente statunitense Donald Trump ha accusato l’amministrazione Biden di aver sostenuto finanziariamente la diga, lasciando intendere la disponibilità americana a sostenere l’Egitto nella ricerca di una soluzione. Il Cairo ha accolto con favore questi segnali, pur consapevole che la vicenda potrebbe trasformarsi in uno strumento di pressione nelle dinamiche globali: con Cina, Turchia e Paesi del Golfo sempre più presenti nel continente, l’Egitto mira a superare il ruolo di semplice attore regionale per riaffermarsi come protagonista a livello africano.

L'impatto sulla regione prima (a sinistra) e dopo (a destra) l'entrata in funzione della GERD.
L’impatto sulla regione prima (a sinistra) e dopo (a destra) l’entrata in funzione della GERD.

La disputa sulla GERD ha dunque costretto l’Egitto a ridefinire la propria strategia verso l’Africa: se in passato l’attenzione era concentrata esclusivamente sul bacino del Nilo, oggi l’approccio si estende all’intero continente, con l’obiettivo non solo di contenere le mosse etiopi, ma anche di rafforzare la propria influenza in un momento in cui numerose potenze esterne competono per conquistare spazio in Africa.

Al momento, l’impatto diretto della diga sul Paese resta limitato, ma i costi economici per adattarsi sono già consistenti. L’Etiopia procede spedita, confidando che il tempo giochi a suo favore, mentre l’Egitto punta a guadagnare sostegno internazionale ed a trasformare quella che si presenta come una crisi potenzialmente esistenziale in un’opportunità per rilanciare il proprio ruolo continentale. Il rischio, tuttavia, rimane elevato: senza un accordo condiviso, la vicenda della GERD potrebbe degenerare da scontro diplomatico a fattore di instabilità regionale.


Riferimenti bibliografici:

  • Dott.ssa in Scienze Internazionali Diplomatiche, Master in “Religioni e Mediazione culturale” e Master in “Antiterrorismo Internazionale”.
    Esperienze formative maturate presso Radio Vaticana e la Camera dei Deputati.
    Dal 2021 al 2023 membro del Comitato di Direzione della Rivista "Coscienza e Libertà", organo di stampa dell’Associazione Internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR).
    Fondatore del blog "Caput Mundi", supervisore sezione "Geopolitica" Nord Africa e Medio Oriente, cura le pubbliche relazioni del sito ed i contatti con l'esterno.
    Redattrice per “Il Talebano” e collaboratrice editoriale presso radio RVS, network hopemedia.it.

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