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Reportage Africa ExPress: Congo-K, futuro incerto

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Si discute di pace, ma la guerra non si ferma

Per gentile concessione di Africa-ExPress.info, ripubblichiamo il loro articolo originale

Gli scontri tra le truppe congolesi e M23/AFC continuano senza sosta. Anche gli attacchi di ADF e altri gruppi armati mettono in grave pericolo la popolazione. Cresce l’insicurezza alimentare per mancanza di fondi.

Nell’est del Congo-K la pace è ancora lontana. Finora i dialoghi tra le parti in conflitto, promossi dall’amministrazione Trump e quelli in svolgimento a Doha con la mediazione del Qatar, tra il governo congolese e i ribelli M23/AFC non hanno ancora portato segnali tangibili sul campo.

Infatti, nonostante il presidente americano continui a vantarsi baldanzoso come un Miles gloriosus di aver concluso sette guerre, compreso quella in Congo, le ostilità, fatte di morti, saccheggi, stupri, dolori e disastri, continuano imperterrite!

Il gruppo armato M23 prende il nome da un accordo firmato il 23 marzo 2009 dal governo del Congo-K e da un’ex milizia filo-tutsi. La formazione ha ripreso le ostilità nel primo trimestre del 2022 ed è sostenuta dal vicino Ruanda. Mentre AFC, che significa Alleanza del Fiume Congo, è una coalizione politico militare, fondata il 15 dicembre 2023 in Kenya e della quale fa parte anche M23.

A fine settembre, a margine dell’Assemblea generale dell’ONU, il presidente congolese, Felix Tshisekedi, ha incontrato Massad Boulos, consigliere per l’Africa della Casa Bianca. Hanno discusso sul seguito dell’accordo di pace siglato lo scorso 27 giugno a Washington tra i rispettivi ministri degli Esteri di Kinshasa e Kigali.

Business first

I due interlocutori hanno anche parlato di affari, di una partnership strategica tra i due governi, volta a attirare il maggior numero possibile di investitori americani nella Repubblica Democratica del Congo.

E a questo proposito si è tenuto una settimana fa a Washington il primo Forum RDC-Stati Uniti. Il premier congolese, Judith Suminwa, ha partecipato all’evento dedicato agli investimenti, insieme a una folta delegazione. L’obiettivo era quello di convincere gli attori del settore privato americano, in particolare di quello minerario, a investire nel Paese.

Accordo cessate il fuoco

Martedì scorso i rappresentanti del governo di Kigali e esponenti di M23/AFC hanno trovato un accordo a Doha sul meccanismo da adottare per verificare il cessate il fuoco. Un primo passo, ritenuto importante, perché dovrebbe far tacere le armi e aprire la strada alle discussioni sulle cause profonde del conflitto.

In occasione di una parata militare a Goma, M23/AFC hanno fatto sfilare migliaia di nuove reclute, giovani costretti a arruolarsi dai ribelli che controllano il capoluogo del Nord-Kivu dall’inizio dell’anno. Secondo quanto riferito a Africa ExPress dai nostri stringer, tra i coscritti ci sarebbero anche minori di 18 anni. Arruolamenti forzati sono stati registrati anche a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu.

Anche ieri i ribelli hanno attaccato una postazione dei Wazalendo (loro stessi si definiscono come gruppo di autodifesa) nel territorio di Masisi nel Nord-Kivu, nell’est del Paese. Secondo alcune fonti locali gli M23 avrebbero aggredito i Wazalendo per cacciarli dall’aerea che controllano da diverse settimane. Al momento attuale non è chiaro chi abbia avuto la meglio negli scontri.

Qualche giorno fa, subito dopo l’accordo siglato a Doha, droni dell’esercito congolese hanno colpito la miniera di Twangiza, controllata dai ribelli dell’AFC/M23. Il sito aurifero si trova nel territorio di Mwenga, nel Sud Kivu. Per fortuna non si sono registrate vittime, soltanto danni materiali.

Terroristi ADF

Oltre ai ribelli M23/AFC, nel Nord Kivu sono sempre attivi anche i terroristi di ADF (Alliance Democratic Forces, un’organizzazione islamista ugandese, presente anche nel Congo-K dal 1995). La settimana scorsa hanno sgozzato 19 persone a Mukondo. La barbara incursione dei terroristi è stata confermata dal colonnello Alain Kiwewa, amministratore militare dell’area.

La zona, colpita ripetutamente negli ultimi mesi dai terroristi, si trova a nord delle aree controllate dagli M23/AFC. Il gruppo armato di origine ugandese è molto attivo anche nella provincia di Ituri. Dal 2021 l’Uganda è presente nel Congo-K con un contingente che combatte accanto alle truppe congolesi. L’operazione congiunta è  denominata Shujaa. 

Nella provincia di Ituri anche CODECO (acronimo per Cooperativa per lo sviluppo nel Congo, formato da combattenti di etnia Lendu) e altri gruppi armati continuano a seminare il terrore tra la popolazione civile.

Tra il 15 agosto e il 16 ottobre nei territori di Djugu e Irumu sono morte almeno 45 persone, 7 sono state ferite, mentre oltre 600 abitazioni sono state ridotte in cenere. Centinaia di famiglie hanno abbandonato tutti i loro poveri averi e sono fuggite verso luoghi più sicuri.

Insicurezza alimentare in Congo-K
Insicurezza alimentare in Congo-K

E mentre l’insicurezza alimentare ha raggiunto livelli record nel Congo-K, dove 28 milioni di persone necessitano di assistenza, il Programma Alimentare Mondiale (PAM) ha dovuto ridurre drasticamente la sua attività per mancanza di fondi. Gli oltre 300.000 rifugiati, provenienti per lo più dal Centrafrica e Sud Sudan hanno ricevuto poco o niente nel 2025 e per l’anno prossimo l’assistenza potrebbe essere interrotta completamente.

Insicurezza alimentare

Nella parte orientale del Congo-K, 2,3 milioni di persone si trovano in situazione di grave emergenza, ma attualmente solo 600mila ricevono aiuti alimentari. Si prevedono ulteriori riduzioni qualora PAM non riesca a trovare nuovi finanziamenti.

Denis Mukwege, medico congolese insignito del premio Nobel per la Pace 2018, durante la conferenza a Cagliari l’11 ottobre scorso (Fotocredit: Archivio Aladinopensiero)
Denis Mukwege, medico congolese insignito del premio Nobel per la Pace 2018, durante la conferenza a Cagliari l’11 ottobre scorso (Fotocredit: Archivio Aladinopensiero)

Malgrado il terribile conflitto in atto, il Congo-K è sparito dalle prime pagine dei media internazionali. Lo ha confermato anche Denis Mukwege, medico congolese insignito del Premio Sakharov per la libertà di pensiero nel 2014 e del Premio Nobel per la Pace nel 2018, durante la sua conferenza al seminario arcivescovile a Cagliari in collaborazione con la Caritas.

Stupri come arma di guerra

Il medico, specializzato in ginecologia e ostetricia, nel 1998 ha fondato l’Hopital de Panzi, a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu, dove cura e assiste donne, ragazze e – è terribile dirlo, ma è ancora peggio scriverlo – anche bambine, vittime di violenza sessuale, di stupri. Aggressioni terrificanti, utilizzate come arma da guerra nel suo Paese, ma anche in altri teatri di conflitto.

A fine settembre è uscito in Francia il film “Muganga, The One Who Treats” (Muganga, Colui che cura, ndr), ispirato alla vita e alla storia del famoso medico congolese. Angelina Jolie, attrice e attivista per i diritti umani, ha aderito al progetto del lungometraggio come produttrice.

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