Orwell e lo straniero alla Normale di Pisa
Il primo di ottobre del 2025 la prestigiosa Scuola Normale Superiore di Pisa, ateneo di alta formazione fondato da Napoleone nel 1810, ha pubblicato online una Guida all’uso del linguaggio esteso rivolta “a tutte le componenti della comunità della Scuola Normale” per “fornire strumenti che aiutino a improntare le relazioni all’insegna dell’equità e dell’apertura”.
Si tratta di un documento contemporaneo che, per la sua forte connotazione woke, merita un’attenta analisi linguistica e culturale.
Benché in apertura ci si premuri di dire che “non si tratta di prescrivere norme rigide”, in realtà più avanti l’intento prescrittivo emerge in espressioni quali “Una comunicazione accogliente richiede…di usare termini attuali e corretti”. Bene, vediamo alcuni esempi di tale presunta correttezza, astenendoci per ora da commenti, che ogni lettore può ben fare da solo.
Fondamentale è lo sdoppiamento di genere, che consiste nel declinare secondo due generi i maschili sovra estesi (ad esempio “favorire il senso di appartenenza a tutte e tutti”; “i diritti di allieve e allievi”). Da evitare le categorie standard, come “il padre e la madre” o “i genitori”: meglio un generico “la famiglia”, che comprenda le eventuali varianti LGBTQIA+.
Pure da evitare le categorie omologanti, come “neri”, “asiatici”, “mediorientali” o, peggio, le indicazioni della provenienza non strettamente necessarie, come “il venditore arabo”: si dirà, poniamo, “il venditore del negozio all’angolo”. Scorretti gli aggettivi potenzialmente discriminatori come “immigrato”: invece di “famiglia immigrata”, dire “famiglia con background migratorio”. E invece di “ragazzo di colore”, meglio “persona afrodiscendente”.
Curioso e contradditorio l’invito a non citare le feste cristiane della collettività, come Pasqua, allo scopo virtuoso di non imporre la propria visione religiosa del mondo, suggerendo però nel contempo di usare frasi come “Alcune persone nella nostra comunità celebrano il Ramadan”.
In generale, riprovevoli i tokenismi, cioè gli espedienti per sembrare inclusivi quando in realtà questa è la foglia di fico per nascondere un reale scarso impegno personale nel settore dell’inclusione e del rispetto delle minoranze fragili.
Ma il punto più interessante è, secondo me, costituito dall’avversione dell’autore (o autrice?) di questa Guida per il termine “straniero” (perfino nella variante “extracomunitario”), che si consiglia di sostituire con l’aggettivo “internazionale”. Quindi invece di “studente straniero” sarebbe opportuno dire “studente internazionale”, con una notevole forzatura della lingua italiana, in cui “internazionale” significa “che appartiene a una pluralità di Stati o di provenienze” e ha un uso collettivo, mai individuale.
Evidentemente egli (o ella) ha il timore che “straniero” possa essere avvertito come minaccioso, dimenticando che il termine è usato ben tre volte nell’art. 10 della Costituzione in senso assolutamente pacato e oggettivo (… La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali… ) e che deriva dal latino extraneus, cioè “che viene da fuori”: in dialetto genovese gli stranieri sono i “foresti” (dal latino foris) e dîlo a amixi e foresti significa “comunicarlo a tutti”, non solo a qualcuno!
Il corrispettivo greco di “straniero” è xenos, che indica lo “straniero-ospite” di pari dignità, colui che si accoglie a determinati patti e con cui si scambiano doni: esempio tipico è Odisseo alla corte dei Feaci. Mai i Greci pensarono a un’eventuale scarsa correttezza del termine, che indicava con precisione gli appartenenti a una polis ellenica diversa dalla propria. Gli altri, i non Greci, erano i bàrbaroi, inferiori per definizione. Inferiorità che non appartiene assolutamente a “straniero”.
Anche in latino il termine hostis esprimeva originariamente non l’ostilità ma addirittura un concetto di uguaglianza di diritti dello straniero rispetto al cittadino romano. Hostis e hospes (ospite) stavano sullo stesso piano. Ce lo conferma Cicerone nel De Officiis I, 37, dove scrive:
I nostri antenati chiamavano HOSTIS (ospite straniero) colui che oggi diciamo PEREGRINUS (migrante)…. Ma in seguito il termine ha preso correttamente il senso di “colui che prende le armi contro di noi”.
Dalla solidità granitica della lingua e del pensiero latini alla ondivaga fluidità del linguaggio woke il passo è davvero grande. Si potrebbe pensare a una generica decadenza culturale infiltratasi anche nella prestigiosa istituzione pisana. No affatto. L’ideologia che sorregge la “Guida” è potente, lucida, colta e persegue con fermezza il processo di decostruzione dell’impianto culturale tradizionale, italiano ed europeo.
Il riferimento alla neolingua di Orwell, così ben esplicitata dallo scrittore inglese in appendice al suo romanzo distopico “1984”, pare perfino scontato, in un contesto in cui gli intenti irenici sono immersi in un brodo dalle risonanze totalitarie:
The B vocabulary consisted of words which had been deliberately constructed for political purposes: words, that is to say, which not only had in every case a political implication, but were intended to impose a desirable mental attitude upon the person using them.
Bisogna andare molto più indietro, alla sofistica greca e al mirabile dialogo platonico “Sofista”, dove (vedi caso) uno XENOS, un ospite straniero della città di Elea, spiega al giovane Teeteto come sconfiggere la “bestia maculata” dei Sofisti, coloro che praticano
un’arte mediante la quale è possibile raggirare i giovani, che si trovano ancora lontano dalla verità delle cose, con discorsi che suonano piacevoli alle orecchie, che mostrano immagini fatte di sole parole su ogni questione, tanto da far ritenere che viene detta la pura verità e che chi parla è il più sapiente di tutti gli uomini in ogni campo.
Platone, Sofista 234c
Lo Straniero, dietro cui si cela Platone stesso, doma la “bestia dalle molte teste” dimostrando che i Sofisti producono “fantasmi del sapere”, apparenze invece che verità.
Anche ai nostri tempi, la nota distintiva della subcultura woke e di tutta la galassia Gender è proprio quella del rifiuto della realtà naturale, sostituita dalle aspirazioni individuali; e, nel linguaggio, dalla distruzione della parola autentica, sostituita da perifrasi e abbellimenti completamente artificiosi e intrinsecamente “politici”. Basti pensare all’antieconomicità delle formule doppie e ripetitive al maschile e femminile, sciocche oltre che inutili alla causa femminista che le propugna.
Non sarà un caso neppure che Ireneo, vescovo di Lione (II secolo d.C.), nel suo “Contro le eresie” (I, 30, 15) definisca “Idra dalle molte teste” lo Gnosticismo. Ci sono molti segni gnostici nei documenti come quello che stiamo esaminando. In breve, lo Gnosticismo, movimento filosofico e religioso potente nel II secolo d.C., sosteneva che l’umanità si divide in tre tipologie: gli Ilici, rozzi e materiali, animati da sentimenti bassi come odio, invidia, cattiveria; gli Psichici, capaci di regolarsi e di comprendere le verità superiori; e gli Pneumatici, ovvero gli Illuminati, esseri superiori e per questo detentori della Verità.
Personalmente non dubito che il tono aggressivo, elitario, saccente del wokismo sia il risultato dell’incrocio di queste e altre perniciose correnti culturali, tra cui eminente negli Stati Uniti d’America il Puritanesimo, cui va ricondotto il carattere di religione laica, suscettibile e ipersensibile, dell’intero movimento.
D’ora in poi, quando avvertite il disprezzo progressista per le vostre idee “retrive”, ricordatevi che loro si considerano Pneumatici mentre ritengono voi degli irrecuperabili Ilici.
La prima osservazione che possiamo fare è dunque che questo testo lascia emergere un’ipersensibilità che asseconda tutte le possibili gamme di vittimismo e di suscettibilità in personalità labili ed insicure.



