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Reportage Africa ExPress: il Mali nella morsa dei jihadisti

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Attacchi continui e blocco economico

Per gentile concessione di Africa-ExPress.info, ripubblichiamo il loro articolo originale

Gli estremisti islamici avanzano senza sosta. L’esercito maliano attacca tuareg nel nord e altri civili nel sud del Paese. Rapimenti di stranieri., nuova strategia dei terroristi per frenare investimenti esteri.

JNIM (Gruppo di sostegno dell’Islam e dei Musulmani), formazione creata nel marzo 2017, che raggruppa diverse sigle della galassia dei terroristi del Sahel, dai primi di settembre tiene sotto scacco la giunta militare del Mali.

Leader del JNIM è il 67enne Iyad Ag Ghaly, ex diplomatico maliano (è stato consigliere culturale di Bamako a Gedda, Arabia Saudita) e vecchia figura indipendentista tuareg. Diventato in seguito capo jihadista, Iyad ha fondato Ansar Dine, in italiano ausiliari della religione (islamica).

Uomo più ricercato del Sahel 

Da tempo l’uomo più ricercato in tutto il Sahel, è sotto sanzioni delle Nazioni Unite ed è iscritto nella lista americana dei terroristi. Su di lui pende anche un mandato d’arresto, spiccato dalla Corte Penale Internazionale (CPI), per crimini di guerra e contro l’umanità.

Iyad Ag Ghaly, fondatore e leader di JNIM
Iyad Ag Ghaly, fondatore e leader di JNIM

Secondo molti ricercatori, il Sahel è diventato l’epicentro dell’espansione jihadista in Africa e l’avanzata dei terroristi legati ad al Qaeda sembra inarrestabile. Appare come frutto di una strategia ben ponderata e pazientemente attuata. A suo tempo né i militari francesi, né ora tantomeno i golpisti, al potere in Mali, Niger e Burkina Faso (che pure sono aiutati dai mercenari russi), sono riusciti a fermare i miliziani di JNIM.

Il nuovo contingente di soldati di ventura è direttamente controllato dal ministero della Difesa di Mosca. Ma in pratica hanno cambiato solo la divisa. Anzi, meglio solamente lo scudetto sul braccio.

Sotto la guida di Iyad Ag Ghaly, il raggruppamento terrorista sta mettendo in ginocchio il governo di Bamako a causa dei blocchi stradali che impediscono il passaggio di autocisterne per il rifornimento di carburante destinato alla capitale e altre zone del Paese.

I miliziani continuano a attaccare i convogli provenienti per lo più dal Senegal e dalla Costa d’Avorio. Settimanalmente solo 200-300 autobotti, raggiungono Bamako, contro le 1.200 precedenti al blocco jihadista.

Attacchi a postazioni militari

L’attività dei terroristi non si ferma ai blocchi stradali. Settimana scorsa JNIM ha fatto sapere di aver lanciato razzi a tre postazioni militari dell’esercito maliano (FAMa) e di Africa Corps a Kidal. Le autorità di Bamako, come spesso succede, non hanno rilasciato nessun commento in merito.

Blocco delle autocisterne in Mali
Blocco delle autocisterne in Mali

Uccisi civili con droni

Quasi contemporaneamente FAMa ha attaccato la regione di Timbuktu con droni, uccidendo 13 civili, tra questi anche sette bambini. La notizia dell’aggressione ai civili è stata data da Mohamed Elmaouloud Ramadane, portavoce di FLA (Fronte di Liberazione dell’Azawad, movimento al quale aderiscono per lo più i tuareg, ndr). Il governo maliano però li considera terroristi come i jihadisti di JNIM e quelli EIGS (Stato Islamico del Grande Sahara). Con la differenza sostanziale però, che questi ribelli tuareg combattono per la propria libertà e non per conquistare e occupare nuovi territori.

In seguito agli attacchi, parecchie famiglie hanno lasciato i loro villaggi e sono fuggiti in Mauritania.

Massacri residenti

Human Rights Watch (HRW) ha invece denunciato altri massacri nei confronti di civili in due villaggi nella regione di Ségou (centro-meridionale del Paese, a poco più di 230 chilometri dalla capitale). I fatti sono accaduti a ottobre.

Secondo quanto riportato dalla ONG in un recente rapporto, i militari, accompagnati dai cacciatori Dozo (gruppo di autodifesa per contrastare i terroristi di JNIM nella zona, ndr), durante la prima incursione del 2 ottobre a Kamona, sarebbero stati uccisi oltre 20 uomini. Una vera e propria esecuzione di massa.

Mentre il 13 dello stesso mese i militar, sempre accompagnati dai Dozo, sarebbero entrati nel villaggio di Ballé, dove avrebbero ammazzato 10 residenti, tra questi anche una donna.

Parecchi villaggi della zona sono sotto il controllo di JNIM, dunque le autorità di Bamako, in base a quanto riportato dagli abitanti, non fanno differenza tra i civili residenti e i terroristi. Eppure nel caso di Kamona, i miliziani avevano già lasciato il villaggio ben prima dell’arrivo dei militari e dei cacciatori Dozo.

Fuga nei Paesi confinanti

E proprio a causa della crescente insicurezza nel sud del Paese, dove si moltiplicano gli scontri tra dozo e i jihadisti. I cacciatori compensano l’assenza di FAMa in alcune zone. Per questo motivo molti abitanti stanno lasciando le proprie case e cercano protezione in Costa d’Avorio.

Maliani in fuga per la crescente insicurezza
Maliani in fuga per la crescente insicurezza

Il governo ivoriano ha annunciato di aver intensificato i controlli alle frontiere nel nord del Paese, dove da settembre continuano a affluire rifugiati in fuga dagli attacchi di JNIM.

Da diverso tempo in Mali sono aumentati anche i sequestri di persona. Secondo ACLED (Osservatorio imparziale sui conflitti), nel corso degli ultimi sei mesi sarebbero stati preso in ostaggio da JNIM almeno 22 stranieri, qualcuno parla addirittura di 26.

Sequestri di stranieri

I cittadini stranieri sono stati catturati per lo più nel sud del Mali, in siti industriali e minerari. Si tratta di persone di nazionalità cinese, indiana, egiziana, emiratina, iraniana, serba, croata e bosniaca. Alcuni sono già stati liberati dietro riscatti da capogiro. Ovviamente si tratta di risorse indispensabili per finanziare le attività dei terroristi. Ma non solo. E’ una nuova strategia di JNIM per dissuadere di investire in attività nel Mali.

Secondo quanto riportato da France 24 e altri quotidiani internazionali, per la liberazione di Joumaa ben Maktoum al-Maktoum, generale in pensione emiratino, membro della famiglia reale di Dubai, sarebbero stati pagati 50 milioni di dollari a JNIM. L’ex ostaggio era attivo nel commercio dell’oro nella ex colonia francese. Insieme a lui sono state rilasciate altre due persone, inizialmente presentate come connazionali del generale in pensione. Ma in realtà uno è pachistano, mentre il secondo è un impiegato iraniano.

All’ingente somma di riscatto vanno aggiunti altri 20 milioni di dollari per la fornitura ai jihadisti di materiale bellico. Trattative in tal senso sarebbero tutt’ora in corso.

Va ricordato che anche EIGS (Stato Islamico nel Grande Sahara) ha sequestrato 12 persone negli ultimi mesi: in Niger, Burkina Faso e Algeria. Tra loro anche due anziane donne a Agadez (Niger), una austriaca e l’altra svizzera, e un uomo di nazionalità statunitense.

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