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Hamas e la Guerra dei Sei Giorni: il primo banco di prova

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Nel corso della Guerra dei Sei Giorni del 1967, Israele affrontò simultaneamente le forze armate di Giordania, Egitto e Siria, ottenendo una vittoria lampo che portò all’occupazione della Cisgiordania, della Striscia di Gaza, del deserto del Sinai e delle Alture del Golan. La sconfitta provocò uno shock profondo nel mondo arabo e tra i palestinesi, che impiegarono tempo per riorganizzarsi ed avviare una risposta strutturata all’occupazione israeliana.

La frammentazione

In quel contesto, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) si affermò come principale riferimento politico e militare della causa palestinese, precedendo la nascita dei movimenti di ispirazione islamica. Già subito dopo il 1967, il territorio vide l’attività di numerosi gruppi armati palestinesi, accomunati dall’obiettivo della resistenza e coordinati sotto l’ombrello dell’OLP. Le sigle delle varie fazioni proliferavano, testimoniando la frammentazione ma anche la vitalità del movimento nazionale palestinese in quell’epoca: Fplp (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina), Fdplp-Cg (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Comando Generale), Flp (Fronte per la Liberazione della Palestina) e Elp (Esercito di Liberazione della Palestina), ed ancora Al-Ṣāʿiqa (Avanguardie per la guerra popolare di liberazione) ed al-Fatḥ(l’Apertura).

OLP

Negli anni precedenti alla prima intifada, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) conduceva operazioni militari mirate contro obiettivi israeliani, inclusi soldati e coloni. Parallelamente, si occupava dell’individuazione e della neutralizzazione di spie ed informatori, che venivano sottoposti a giudizio secondo le normative interne del movimento.

La bandiera dell'OLP.
La bandiera dell’OLP.

Nella Striscia di Gaza, l’unica forza armata organizzata oltre all’esercito egiziano — presente nell’area fino alla guerra del 1967 — era rappresentata dal Fronte di Liberazione Palestinese (Flp), considerato il braccio armato dell’Olp. La presenza di altre formazioni palestinesi era limitata, e riguardava perlopiù piccoli gruppi legati all’ideologia marxista, come il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), il Fronte Democratico Popolare per la Liberazione della Palestina (Fdplp) e Fatah, movimento laico il cui nome deriva dall’acronimo arabo di “Movimento di Liberazione Nazionale Palestinese”.

Il Guevara di Gaza

Una figura emblematica della lotta armata negli anni Settanta fu Muhammad al-Aswad, esponente del Fplp, soprannominato “il Guevara di Gaza” per la sua somiglianza ideologica ed operativa con il celebre rivoluzionario sudamericano Che Guevara. In quel periodo, la resistenza armata palestinese conobbe una fase di espansione, alimentata dall’arrivo di migliaia di volontari provenienti da diversi Paesi arabi, che venivano addestrati in campi militari situati in Siria e Giordania. In risposta, l’esercito israeliano, sotto la guida del ministro della Difesa Moshe Dayan, intensificò le operazioni militari volte a stabilizzare le aree recentemente occupate, in particolare lungo il deserto del Sinai.

Una rarissima foto di Muhammad al-Aswad.
Una rarissima foto di Muhammad al-Aswad.

Nel corso della prima intifada, tra il 1987 ed il 1993, Israele riuscì ad esercitare un controllo piuttosto rigido sul confine con l’Egitto e mantenne una forte presenza militare nella Striscia di Gaza, riuscendo così a ostacolare in modo significativo l’arrivo di armamenti destinati alle fazioni palestinesi.

Il sistema di contrabbando: i tunnel

Tuttavia, con lo scoppio della seconda intifada nel settembre del 2000, Hamas mise in atto un efficace sistema di contrabbando attraverso una rete di tunnel sotterranei che collegava Gaza all’Egitto. Questo sistema consentì al gruppo islamista non solo di rifornirsi di armi, ma anche di inviarne parte ai propri militanti attivi in Cisgiordania.

Il traffico clandestino permise a Hamas di accumulare migliaia di armi. A ciò si aggiungeva la presenza nel deserto del Sinai di ingenti quantità di munizioni residue, abbandonate dalle forze egiziane ed israeliane al termine del conflitto del 1967; queste scorte venivano recuperate da trafficanti d’armi egiziani e rivendute alle formazioni armate palestinesi. Tali esplosivi iniziarono ad essere utilizzati su larga scala solo nella fase finale della prima intifada, quando le attività militari di Hamas, del Jihad islamico e della stessa Olp conobbero un’intensificazione nella Striscia di Gaza. Molti ordigni venivano realizzati artigianalmente, utilizzando materiali di facile reperibilità sul mercato locale.

Il “capitale umano”

Le organizzazioni palestinesi, nel corso degli anni, non hanno mai incontrato particolari difficoltà nel reperire nuovi membri: le università ed i luoghi di culto si sono rivelati due delle principali fonti di reclutamento. In particolare, le Brigate al-Qassam, braccio armato di Hamas, attraevano i propri combattenti dal movimento dei Fratelli Musulmani a Gaza, selezionando coloro che dimostravano un profondo impegno religioso ed una ferma convinzione nella causa palestinese.

Militanti delle Brigate al-Qassam.
Militanti delle Brigate al-Qassam.

Come Fatah, il Fronte Popolare, il Jihad Islamico ed altre fazioni, anche Hamas è stato bersaglio di operazioni di eliminazione da parte dei servizi israeliani. Tali operazioni venivano condotte attraverso reti di informatori, costituite sia da agenti israeliani che da palestinesi indotti alla collaborazione tramite coercizione, minacce, tortura o ricompense economiche. Tuttavia, anche Hamas è riuscito a condurre operazioni di controspionaggio, infiltrandosi nei servizi israeliani ed ottenendo informazioni da collaboratori reclutati o da palestinesi che avevano accettato di lavorare per lo Shabak, l’intelligence interna israeliana. Nonostante questi sforzi, gli apparati di sicurezza israeliani sembravano mantenere costantemente un vantaggio tattico rispetto ai gruppi della resistenza palestinese.

Il cambio di passo

Un cambiamento significativo si è verificato dopo il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza nel 2005 ed il successivo trasferimento delle competenze all’Autorità Nazionale Palestinese. In questa nuova fase, le fazioni armate hanno potuto contare su un accesso più agevole ai propri quadri all’estero, facilitando così il rientro di esperti con conoscenze tecniche avanzate. Questi militanti, formatisi fuori dal territorio, contribuirono alla produzione di esplosivi e razzi direttamente nella Striscia. Alcuni analisti israeliani, forse con l’intento di delegittimare politicamente l’ANP, suggerivano che molti di questi tecnici fossero in realtà legati all’Autorità e giocassero un ruolo chiave nella produzione bellica sia in Cisgiordania che a Gaza.

Dal punto di vista politico, i vertici di Hamas – tra cui lo shaykh Ahmad Yassin, Mahmud Zahar, Abd al-Aziz al-Rantisi e Abu Shanab – tendevano a prendere le distanze dalle azioni militari del proprio braccio armato. Dopo ogni attacco o attentato suicida compiuto dalle Brigate al-Qassam in territorio israeliano, i leader politici respingevano ogni responsabilità diretta, sostenendo una netta separazione tra l’ala politica e quella militare. Nonostante fosse detenuto al momento della costituzione delle Brigate, lo shaykh Yassin manteneva una forte influenza sul gruppo armato, che seguiva con rispetto le sue direttive religiose. I leader politici, compreso Yassin, erano regolarmente informati sulle dinamiche interne e sulle relazioni con le altre organizzazioni palestinesi.

La complessità del panorama della resistenza palestinese era accentuata da un tessuto di relazioni tra i diversi gruppi armati, come le Brigate al-Qassam, il Jihad Islamico e le Brigate al-Aqsa, che li obbligava ad una certa forma di coordinamento. Le prime operazioni congiunte risalgono al 1992, quando Hamas e Fatah collaborarono in un’azione a Khan Yunis che provocò la morte di alcuni coloni israeliani. Durante l’inizio della seconda intifada, la cooperazione tra le varie fazioni era diventata una prassi consolidata e fondamentale per le attività sul campo.

Celebrazione della vittoria elletorale di Hamas ad inizio 2006.
Celebrazione della vittoria elletorale di Hamas ad inizio 2006.

La svolta politica si è verificata con la vittoria elettorale di Hamas nel gennaio 2006: la formazione di un governo guidato unicamente dal movimento islamista ha portato a tensioni interne, facendo emergere le difficoltà di conciliare l’impegno militare con le responsabilità di governo. Il motto “Una mano per resistere ed una per ricostruire” si è rivelato un principio difficile da applicare nella realtà. L’ingresso nella scena politica ha reso evidente la contraddizione tra l’obiettivo di creare stabilità e sicurezza per la popolazione e la prosecuzione del conflitto armato contro Israele.


Riferimenti bibliografici:

  • Dott.ssa in Scienze Internazionali Diplomatiche, Master in “Religioni e Mediazione culturale” e Master in “Antiterrorismo Internazionale”.
    Esperienze formative maturate presso Radio Vaticana e la Camera dei Deputati.
    Dal 2021 al 2023 membro del Comitato di Direzione della Rivista "Coscienza e Libertà", organo di stampa dell’Associazione Internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR).
    Fondatore del blog "Caput Mundi", supervisore sezione "Geopolitica" Nord Africa e Medio Oriente, cura le pubbliche relazioni del sito ed i contatti con l'esterno.
    Redattrice per “Il Talebano” e collaboratrice editoriale presso radio RVS, network hopemedia.it.

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