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Sono i Balcani, bellezza!

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Tutto il mondo sa che in Serbia le proteste di piazza vanno avanti dal mese di novembre. Prima i movimenti studenteschi poi, a macchia d’olio, milioni di cittadini, hanno animato centinaia di manifestazioni pacifiche in tutto il Paese. 

Una protesta nata dalla richiesta di ottenere giustizia e spiegazioni dal governo dopo il crollo di un’area recentemente ristrutturata della stazione di Novi Sad, che ha ucciso e ferito molte persone.

Quello che chiedono i serbi sono nuove elezioni realmente democratiche, la fine della corruzione arrivata ormai a livelli insostenibili, autonomia e indipendenza per gli atenei universitari, maggiori diritti e trasparenza nella pubblica amministrazione.

Il Presidente Vučić, dopo alcune piccole concessioni di facciata, ha scelto di tenere duro e alzare il livello di tensione presentandosi come argine a ciò che lui chiama anarchia, disordine e infiltrazioni esterne.

Tutto il mondo ha apprezzato il livello di civiltà e rispetto che centinaia di migliaia di serbi hanno mostrato continuando per mesi a protestare in modo molto determinato e organizzato nelle forme più creative, satiriche e provocatorie possibili ma senza mai ricorrere a violenza o danneggiamento. Una postura che ha premiato visto l’invito che il Parlamento Europeo ha fatto loro per portare le proprie istanze a Bruxelles.

Questo mese di agosto ha però sancito un pericoloso scivolamento verso un clima di tensione, repressione e violenza. Decine di feriti, fermi giudiziari e scene di guerriglia nelle principali città del paese. Le regole di ingaggio della gendarmeria nazionale sono cambiate, prova ne è il frequente utilizzo di lacrimogeni, cariche e blocchi antisommossa. 

Attraverso i media e l’utilizzo dei social network molti di questi scontri sono stati documenti tanto da produrre inviti ed auspici formali da parte delle autorità europee per il ripristino dei canali di dialogo tra governo e manifestanti, questi ultimi convinti di poter avviare un serio confronto solo dopo l’impegno di indire elezioni anticipate e accelerare l’iter giudiziario nei confronti dei colpevoli del tragico crollo di novembre. Il Presidente Vučić frena e rigetta l’idea di un esecutivo di transizione. 

I prossimi giorni saranno cruciali per comprendere quale sarà la condotta delle forze dell’ordine su strade e piazze, e quali strumenti userà (se li userà) l’ Unione Europea per condizionare il governo serbo con pressioni, perlopiù di natura economica visto il processo di integrazione in atto.

Sono in molti a guardare con il fiato sospeso l’evoluzione dei fatti, in un’area geografica da sempre molto attenzionata e sempre foriera di evoluzioni politiche e geopolitiche che condizionano ad est e ad ovest. 

Proprio nella vicina Republika Srpska di Bosnia, le vicende del Presidente destituito Dodik, sodale del presidente serbo Vučić e del presidente russo Putin, destano nelle cancellerie europee pari se non maggiori preoccupazioni dei disordini in Serbia, in vista del proclamato referendum di ottobre, su cui torneremo.

Sono i Balcani, bellezza!

  • Laurea in Relazioni Internazionali alla facoltà di Scienze Politiche di Perugia, dove ho conseguito anche una laurea specialistica in Politica Estera e Sistema Internazionale.
    Lavoro nel management locale di una multinazionale e sono coordinatore regionale dell'agenzia umanitaria ADRA in Umbria.
    Sono stato cinque anni membro del Cda della Fondazione antiusura Adventum e cinque anni membro del comitato esecutivo dell'ente OSA 8×1000. Attualmente sono anche Consigliere comunale della città di Perugia.
    Ho collaborato con riviste e radio nella cura di rubriche e nel lavoro di redazione.

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